
Volontari in Libia, ma per comandare.
“L’Italia pronta ad assumere ruolo guida in Libia”. Col dubbio su cosa ci sarà da fare per poterlo poi dirigere. L’offerta di Matteo Renzi, nella valanga di parole dell’Assemblea Generale Onu, passa senza cenni di attenzione. Politica interna giocata fuori casa. Secondo Renzi la Libia non è stata dimenticata dall’Onu, i libici non sono soli, e tutte le parti in Libia devono aspirare a una pace duratura. Invocazione quasi papale. Quindi il passaggio chiave: ‘l’Italia è pronta, se il governo libico lo chiederà, ‘a un ruolo guida per assistenza e stabilizzazione’.
Obama scende a terra.
Come la campagna che qualcuno, per il momento i curdi, dovrà pur fare contro i miliziani Isis. Guerra che potrà essere vinta soltanto assieme alla Russia, salvo rinviare la lita sulla fine di Assad a dopo la sconfitta dell’integralismo jiadista. Faccia a faccia Obama Putin in cui si è cercato di sciogliere il gelo degli ultimi anni. E il giorno dopo il presidente Usa lancia un messaggio di speranza. “Sono ottimista. In Iraq e Siria l’Isis è circondato da forze che vogliono distruggerlo e abbiamo visto che può essere sconfitto sul campo di battaglia”.
Con una novità assoluta.
L’inconsistente Segretario Generale Ban Ki-Moon per una volta s’è arrabbiato. Con il Consiglio di Sicurezza che dal 2011, anno di avvio della guerra in Siria, non è mai riuscito a prendere una posizione su una crisi che finora ha provocato oltre 250.000 vittime, che ha stimolato la nascita dello Stato Islamico e ha destabilizzato l’intero scacchiere mediorientale.
Tanto vicini, tanto lontani.
Gli interventi dei leader, USA e Russia non hanno badato troppo a quei rimproveri. Reciproco scambio di accuse d’ingerenza e colpe varie.
Più ideologica la posizione di Obama. Il presidente americano ha parlato del presidente siriano Assad non come il capo di un paese minacciato di estinzione, ma come semplice un tiranno sanguinario. Le due cose assieme avrebbero descritto meglio la realtà.
La memoria di Putin.
Putin ha denunciato l’intervento americano in Iraq e Libia come causa principale delle attuali condizioni d’instabilità in Medio Oriente e in Nord Africa, aggiungendo pesanti accuse sul ruolo degli Stati Uniti nella crisi ucraina. Equivoco appena sfiorato e non chiarito, le forniture americane di armi ai ribelli ‘buoni’, e al frequente e sospetto dirottamento di queste armi verso i gruppi di ribelli sunniti di Jabat al Nusra. Il difficile distinguo tra la filiazione siriana di Al Qaeda e l’Islamic State del Califfo.
Basta bisticci, facciamo sul serio?
Per ripetere infine il concetto base emerso a New York: solo un intervento congiunto russo-americano contro i ribelli siriani potrebbe eliminare il pericolo ISIS. Della sorte di Assad si può discutere dopo. Saranno capaci americani e russi di smetterla coi giochi dialettici, in Medio Oriente, in Ucraina e sul Baltico, per organizzare un’azione congiunta e coordinata?