Assad verso l’epilogo
ma non la tragedia Siria

I miliziani dell’Isis continuano ad avanzare verso il centro di Damasco. Da ovest, dove già si sono impadroniti della città di Zabadani. E da sud, nel quartiere di Al Qaddam che ormai controllano in buona parte. La ‘Grande Damasco’ sparsa su un grande territorio, con le avanguardie jihadiste ormai a soli 8 chilometri dalla moschea degli Omayyadi, cuore storico della città. Non solo Assad, ormai completamente isolato, ma la stessa Siria che rischiano di scomparire. Senza che il mondo abbia di che rallegrarsi rispetto ad una guerra che ha altre parti ancora più pericolose di Assad in campo.

 

DAMASCO SIRIA-DEFINITIVA 800

 

Oltre i ‘si dice’ diffusi da Times e Daily Telegraph su armi e mezzi paracadutati dalla Russia per la difesa della capitale, voci subito smentite del ministro degli Esteri russo in persona, il problema vero è, cosa potrebbe diventare la Siria dopo Assad. Al momento gli interessi occidentali sembrano coincidere in buona parte con quelli di Mosca: impedire la caduta di Damasco per non consegnare la Siria all’esercito jihadista di Jabhat Al Nusra e Stato Islamico contro cui restano schierate poche forze governative e milizie sciite di Hezbollah. Senza un esercito alternativo in campo contro l’Isis.

 

Ma se davvero sta per iniziare la battaglia per Damasco, significa soltanto che la guerra in Siria è a un punto di svolta, ma non alla sua fine. Con problemi per la Russia, che rischia di perdere la base militare nel porto di Tartus, presenza strategica russa nel Mediterraneo. Ma con problemi ancora più grossi per l’Europa che rischia di dover dovrebbe sostenere il peso della destabilizzazione di un’area molto più estesa della Siria di oggi. Il problema dei profughi non solo fatto umanitario ma anche politico. E il problema politico assume anche contorni torbidi ai confini con la Siria e con l’Europa.

 

Welcome bassa

 

Se la guerra in Siria e Iraq è l’elemento scatenante dell’emigrazione di massa, altri elementi della crisi estremamente accelerata -troppo accelerata- sono almeno sospetti. Sappiamo di 4 milioni di siriani costretti ad abbandonare le loro case a causa della guerra. Circa 630mila profughi sono stati accolti in Giordania, 250mila in Iraq, 132mila in Egitto, 1,1 milioni in Libano e ben 2 milioni in Turchia. Due milioni! E noi stiamo a discutere sui 340 mila che hanno raggiunto l’Europa? Fronzoli. I numeri contano per i ragionamento da fare. In Germania 98mila. In Italia 2.143 da aprile a luglio.

 

Cosa c’ha fatto scoprire il fenomeno? Che l’Unione europea è molto mal governata, colpevolmente impreparata alla ondata migratoria rispetto a una guerra che dura da quattro anni, con problemi interni drammatici noti a tutti. L’altra scoperta su cui riflettere è la Turchia. L’ambigua politica di Ankara nei confronti dello Stato Islamico. Un presidente, Erdogan, sempre più autoritario, ed una partita politica interna con la possente minoranza curda in casa. Con la guerra ai confini, in Iraq e Siria che ha dato sempre più forza alle componenti indipendentiste curde coinvolte nel conflitto.

 

Damasco coop

 

Crisi economica e tensioni interne, e la Turchia ha spalancato i confini che da quattro anni aveva sigillato proprio per evitare le ondate migratorie verso l’Europa. Mentre oggi sta lasciando uscire quei milioni di profughi siriani che intendono raggiungere il Vecchio Continente. Messaggio chiaro all’Unione Europea. Affrontare la guerra in Siria sotto tutti gli aspetti -militari, politici, umanitari- facendo i conti anche con la Turchia. Avendo in casa Ue già pessimi segnali di estremismi di destra in una Europa che -utile ricordarlo- è stata culla del nazismo che dalle parti del Baltico sta riaffiorando.

 

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