VI@GGI
Nutrire il pianeta
Sì, ma come fare?

 

Foto e testi dei fotografi di TravelGlobe, tratte dal web magazine www.travelglobe.it a cura di Federico Klausner.
Potete proseguire la lettura sul magazine su TravelGlobe Magazine

 

Foto 1, 2, 3, 4 – Quando ho raggiunto gli Hadza ero molto scettico sul fatto che loro continuassero a vivere come cacciatori raccoglitori. La strada per raggiungerli era senz’altro impervia ma si trattava di non più di una giornata in fuoristrada. Inoltre erano entrati in contatto con le popolazioni di pastori nilotiche e di agricoltori bantu da molto tempo. Come era possibile che continuassero ancora a vivere e a nutrirsi cacciando e raccogliendo tuberi e radici? Mi chiedevo se non fosse l’ennesima invenzione di un gruppo finto primitivo di cui spesso ci è capitato di incontrare sulle pagine delle riviste. Stando con loro per diversi giorni alla fine mi sono reso conto che sebbene fossero ancora poche famiglie a vivere in questo modo e che a volte si procuravano cibo scambiando oggetti da loro realizzati con sacchi di cereali la maggior parte della loro dieta era composta dai frutti della caccia e della raccolta.
Come mai non avevano mai cambiato stile di vita? La loro risposta fu in effetti molto semplice. Continuavano ad essere cacciatori raccoglitori perché gli piaceva. Era molto più divertente per loro andare a cercare le piante per realizzare il veleno per le frecce. Inseguire gli animali, rubare il miele alle api e passare il resto del tempo chiacchierare e fumare marjuana piuttosto di spaccarsi la schiena sopra un campo di patate o dover badare a mandrie di mucche.
La stessa cosa l’avevo notata tra i pigmei nella foresta dell’Ituri in Congo. Molto tempo era dedicato alla danza ed alle conversazioni, anche quando andavano nella foresta in cerca di cibo sembrava sempre fosse un gioco.

 

Foto 5, 6, 7 – Nutrire il pianeta è solo un aspetto di un discorso a mio parere molto più vasto: prendersi cura della nostra casa comune, take care direbbero gli americani. Prendendo spunto dalla medicina orientale vedo la Terra come un grande corpo. Non c’è solo lo stomaco. L’individuo è uno e prima di curare i sintomi di un singolo organo (affamato) occorre prenderlo in esame nel suo complesso, verificare che tutto funzioni a dovere e che sia in armonia con l’ambiente che lo circonda. Così ci accorgeremmo che le emissioni nocive, che causano il surriscaldamento, del pianeta, desertificazioni, siccità e inondazioni, vengono prima e determinano il problema alimentare. E che “nutrire il pianeta” deve coinvolgere prima di tutto i nostri stili di vita, completamente da ripensare.

 

Foto 8 – Oggi lo spazio necessario a nutrire la popolazione mondiale se tutti fossero cacciatori/raccoglitori equivarrebbe ad almeno 50 volte la superficie terrestre. Nessuno immagina di voler tornare a questo tipo di ricerca di cibo, ma sicuramente, come scrive Jared Diamond, da queste popolazioni avremmo senz’altro qualcosa da imparare

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