Ultranazionalismo a Kiev, la faccia triste dell’Ucraina

Il 31 agosto, nella Maidan di Kiev una granata lanciata da manifestanti schierati di fronte al parlamento ha ucciso tre poliziotti e ne ha ferito altri cento. In aula i deputati avevano appena votato la legge di riforma costituzionale che dovrebbe concedere maggiore autonomia alle regioni dell’Ucraina orientale. La protesta era stata organizzata da gruppi ultranazionalisti, in particolare dal partito di estrema destra Svoboda.

La legge era prevista dagli accordi per il cessate il fuoco di Minsk.

Per i separatisti proprio la legge votata viola gli accordi, perché rafforza il controllo delle autorità centrali sulle comunità locali attraverso la figura dei ‘Prefetti’.

Comunque sia, per approvare la riforma costituzionale, ancora una votazione con una maggioranza di due terzi. Quota abbastanza difficile da raggiungere. Cosa succederà in quel caso? L’accordo di Minsk potrebbe essere definitivamente seppellito. Assieme ai nuovi morti sulla Maidan.

Ucraina lacerata sempre e comunque.

Quasi mai come nel caso Ucraina ho avuto occasione di cogliere astiosità di schieramento tanto forti anche in persone solitamente pacate, ragionevoli, analitiche. Putin visto e sentito da alcuni come il peggior despota, alla pari di Assad e del fu Milosevic di epoca balcanica, per stare nelle vicinanze. O viceversa, Putin campione di un imprecisato internazionalismo salvifico antinazista di seconda generazione. Estremismi di pancia ad annebbiare la testa.

Di fonte a simili tifoserie, anche la mia presunta oggettività -molto presunta, riconosco- e lo sforzo di capire oltre gli inevitabili pregiudizi, ha vacillato. Con silenzi insoliti attorno alla crisi Ucraina anche sul sito. Ritrosia a scriverne perché ‘spintonato’ da eccessi opposti che mi hanno da sempre infastidito.

Ma ecco il collega Bernard Guetta, giornalista francese su Internazionale, lettura fissa per me, abbonato, che mi induce a riparlare di Kiev senza troppe prudenze.

Intanto la nettezza nel definire i protagonisti dei fatti ultimi di Kiev.

«Gli attivisti del movimento ucraino Svoboda sono ultranazionalisti, russofobi, antisemiti, omofobi e chi più ne ha più ne metta. Anche se di recente hanno operato un cambiamento di facciata restano neonazisti violenti, dunque non sorprende che il 31 agosto a Kiev abbiano ucciso poliziotti e ferito un centinaio di persone, tra cui diversi giornalisti».

Grazie Bernard di aver dato voce a quanto pensavo ma che opprimevo nel timore di presunte faziosità. Eccesso di ‘politically correct’ che comprime la verità, e la falsa. A Kiev ci sono in piazza, nelle milizie mercenarie fatte esercito, e nel governo, forze neonaziste organizzate, finanziate e sostenute anche a livello internazionale. Ma sempre con Bernard Guetta, scopro anche qualche eccesso di segno opposto.

Le nuova Maidan violenta di Kiev, e Svoboda fatta da ‘ultranazionalisti, russofobi, antisemiti, omofobi’: «Queste scene non devono farci dimenticare che questo gruppo ha ottenuto appena il 4,7 per cento dei voti alle ultime legislative e non rappresenta l’Ucraina, diversamente da quanto sostengono la propaganda russa e gli amici occidentali di Vladimir Putin».

I nazisti ci sono ma non diamo loro più importante di quella che hanno, pare il ragionamento di Bernard.

Anche se è significativo che Svoboda abbia attaccato la maggioranza parlamentare e le istituzioni ucraine in un paese in guerra, col peso di 6.800 vittime dall’inizio di questa crisi, e una sorta di tregua che ha semplicemente ridotto l’intensità del conflitto.

Come se nessuna delle parti possa tornare alla normalità dopo essersi spinta troppo oltre. Vladimir Putin compreso.

Ma perché quei nuovi morti e dividere il ‘fronte governativo’ anti russo?

Situazione confusa ovunque. Al momento nessun attacco dei separatisti sostenuti da Mosca, ma decine di incidenti. Come se nessuno, Russia e blocco Occidentale, volesse veramente farsi carico della onerosa eredità Ucraina o di una parte troppo consistente di essa, vedi il Donbass orientale.

Quasi che per i due contendenti sia diventato comodo alimentare un “conflitto a bassa intensità”. Per una serie di ragioni da investigare.

Da prendere in considerazione il crak economico finanziario modello greco che incombe su Kiev.

I creditori privati cancellano il 20 per cento dei 16 miliardi di debito pubblico, ma restano sempre una montagna di soldi da dare, che non ci sono.

Decisamente più difficile la partita con Mosca: i tre miliardi di dollari che la Russia aveva prestato al regime di Viktor Janukovič nel 2013. Le autorità russe hanno rifiutato di rinegoziare il debito. E vogliono che la somma sia rimborsata per intero alla scadenza del 20 dicembre, come previsto.

Quasi che in molti attendano sia generale inverno sposato con madama fame a spingere verso quelle decisioni difficili e impopolari che servono per fermare e in parte risolvere la ormai insostenibile crisi Ucraina.

Tags: Ucraina
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