
Di solito Remocontro non si occupa di cose italiane, ma i numeri sulla crescita economica e sull’andamento del lavoro in Italia rischiano di imporre l’arbitrato delle Nazioni Unite e diventano materia nostra. Il Paese cresce dello zero virgola qualcosa e qualcuno si applaude. Il ministero del Lavoro dice che a giugno sono arrivati 822 mila nuovi contratti di lavoro. Meno i 760 mila contratti cessati, l’immancabile twitt di Renzi ci dà i 62 mila contratti in più. Evviva. Il 31 luglio Istat dice di 22 mila occupati, 40 mila in meno dello scorso anno, senza twitt. Il 10 agosto l’Inps informa che nei primi 6 mesi di quest’anno, i contratti a tempo indeterminato sono aumentati del 36% rispetto ad un anno fa. Applausi e perplessità. Non producono chiarezza (e molta simpatia) i due portavoce televisivi del Pd. Merito del Josbs act per i numeri positivi e demerito dell’opposizione per quelli negativi? Mauro Carra, sul Manifesto, assicura che quei numeri che si rincorrono, sono tutti esatti. Come è possibile? I numeri sono esatti, ma è il modo politico del leggerli che è sbagliato. I twitt di Renzi che liquida a battute -i ‘gufatori di professione’- le critiche. I maldipancia sistemici della sparuta e vaga opposizione a sinistra.
I numeri si fanno ballerini soprattutto in materia di lavoro, principale punto di scontro tra partiti e sindacati e dentro i partiti. Con il comunicatore Renzi che ha la capacità di produrre sintesi spesso forzate ma pensate direttamente in tweet e post pronti a diventare titoli di agenzie e tv. Ovviamente i dati sono stati prodotti da ministero del lavoro (Poletti) ed Inps, parti in causa nelle scelte sul lavoro. Carra ricorda che il presidente dell’Inps Boeri è l’ideatore del contratto a tutele crescenti. Barlume di conflitto di interessi politici in campo. In replica all’agguerrito trio Renzi, Poletti, Boeri, le voci critiche sono costrette ad inseguire le abili forzature comunicative del premier sapendo già che saranno in parte ignorate o date per contate. Non esiste rimedio possibile alla falsa terzietà dei numeri? Commedia delle parti con replica mensile che dice senza però spiegare. Proviamo a farlo qui. I dati Istat spezzettati che dei diversi protagonisti decidono di isolare, colgono aspetti reali del mercato del lavoro, ma nessuno misura l’andamento complessivo dell’occupazione. Una sintesi ragionata già a livello statistico toglierebbe quindi spazio alla propaganda ma aiuterebbe a capire.
Prendiamo a piene mani -la rilanciamo testualmente- la proposta che viene da Il Manifesto. Porre fine alla babele statistica chiedendo all’Istat un rapporto trimestrale da presentare al Parlamento in cui si fotografa il mercato del lavoro mettendo assieme tutte le informazioni che arrivano da diverse fonti. Poi la questione comunicazione, ciò che Renzi sa fare molto bene, che i sui vice segretari sanno fare molto meno bene, e che l’opposizione di sinistra non sa fare proprio. Infine la capacità di andare oltre gli schemi. Un esempio: vero è che i nuovi contratti a ‘tempo indeterminato’ lo sono soltanto per tre anni, ma comunque sono o non sono qualcosa di positivo oggi? Meno schematismo da parte della grancassa mediatica attorno al premier e di chi ha pure buone regioni per criticarlo ma che deve ancora imparare a farlo bene. Salvo, come accade ora, lasciare a Lega e M5S l’esclusiva dell’opposizione. Sempre in tema di numeri utili a chi li dà, secondo l’Istat, nel 2011 le attività illegali hanno contribuito al prodotto interno lordo italiano con circa 14,3 miliardi di euro e quasi un punto di Pil. Per poi generare un valore aggiunto di 1,2 miliardi. Epilogo da ‘Mafia Capitale’.