Un vertice semiclandestino nella prima settimana di agosto a Doha del Segretario di Stato statunitense John Kerry con i ministri degli esteri russo, Sergei Lavtov, saudita, Abdel al-Jubeur, e qatarino, Khalid al-Attiya. Alla fine dei lavori, è il ministro del Qatar al-Attiyah, il padrone di casa, a lanciare l’appello per l’apertura ‘di un dialogo serio con l’Iran’. Il blocco sunnita più integralista pronto a confrontarsi con lo storico avversario religioso sciita? Miracolo degli interessi condivisi e le recenti iniziative del Presidente americano sulla Siria.
Prima, l’intesa con la Turchia per la realizzazione di una ‘zona di sicurezza’ a Nord della Siria protetta da Forze della Coalizione. 130 chilometri sul confine turco-siriano e una profondità di 50, dalla città di Jarablus alla periferia di Aleppo. La seconda novità promessa da Obama è che i raid aerei in territorio siriano colpiranno anche le forze governative impegnate ad attaccare i miliziani della ‘opposizione moderata’. In realtà la ‘Zona Sicura’ in territorio siriano, formalmente creata a fini umanitari, sottrae a Damasco sovranità, come da ‘modello libico’.
In altri termini, il controllo di una zona sottratta alla Siria e i bombardamenti che dovrebbero spianare alla debole ‘opposizione moderata’ la strada verso Damasco, ripropongono lo schema che nel 2011 ha consentito agli etero-diretti ‘insorti libici’ di chiudere in soli 8 mesi la guerra in Libia. Ma in Siria la partita è decisamente più difficile. Lo dimostra la prova sul campo dei ribelli addestrati in Turchia, ad Adana e Hatai, centri per Corpi Speciali. 54 combattenti che hanno subito una batosta dagli jihadisti di Al Nusra, con 5 morti e 10 feriti. Un terzo dell’organico.
In parallelo, altri incontri più o meno segreti. Il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman avrebbe incontrato a Mosca il Presidente russo per discutere della situazione nella regione. Secondo altre indiscrezioni, poi smentite, il capo dell’intelligence siriana Alì al Mamlouk avrebbe incontrato lo stesso principe bin Salman. Infine, la Turchia, che dopo aver consentito agli Usa l’utilizzo della base di Incirlik, continua a perseguire il suo primo obiettivo che non è quello di contrastare IS ma di attaccare i curdi iracheni, siriani e turchi.