
Il governo dà udienza alle Regioni ‘No Triv’ e contemporaneamente invita i suoi a votare un testo che strizza l’occhio alle grandi lobby del fossile. E così prima ancora della chiusura della Conferenza unificata Stato-Regioni (30 luglio), la maggioranza Pd in Parlamento aveva già votato in commissione il testo del governo sullo “sblocca trivelle”. Si tratta del parere allo schema di decreto legislativo per l’attuazione della direttiva Ue in materia di sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi (la 2013/30/UE).
Le sei regioni del manifesto di Termoli (Calabria, Puglia, Abruzzo, Molise, Basilicata e Marche) hanno chiesto al governo il blocco delle attività estrattive e l’apertura di un tavolo di confronto. Ma Renzi a quel tavolo preferisce non sedersi, ignorando in sostanza il parere delle Regioni. Le grandi lobby del fossile premono e le discussioni della politica rallentano le trivelle. A dare ascolto ai territori si rischia di allontanare i petrolieri. Come è successo poche ore prima in Croazia. Il consorzio Usa Matahon Oil e Omv ha rinunciato infatti al progetto di esplorazione di idrocarburi sui fondali croati. La ragione? Apparentemente i contenziosi sui confini con Slovenia a nord e Montenegro a sud.
Ecco perché Renzi tenta di aggirare – con discreto successo – le Regioni che in quel business non credono affatto. Le piccole attività artigianali, la produzione locale di energia, il turismo sono tutte buone ragioni per cui dire no alle trivelle, insistono i governatori dello stesso partito del premier. Senza contare la tutela della salute pubblica e la minaccia a interi ecosistemi, fanno eco le associazioni ambientaliste. Ma il governo tira dritto per la sua strada perché, dice Renzi, bisogna pensare ad aumentare i posti di lavoro e ridurre la nostra dipendenza energetica.
Ma secondo il fronte No Triv – sempre più ampio – non è vero che le attività estrattive diano benefici all’economia o all’occupazione. Visto soprattutto che non c’è alcun obbligo da parte delle compagnie petrolifere di assumere manodopera locale. Di contro, però, laddove i pozzi sono attivi – ad esempio nella Val D’Agri in Basilicata – si registrano aumenti di tumori ai polmoni. Ecco perché, insistono, liberalizzare le concessioni in mare mette in pericolo la salute di tutti e cresce il rischio di gravi incidenti ambientali.