
È in corso un regolamento di conti nel partito unico del sindaco d’Italia? Può darsi. Ma in gioco c’è qualcosa di più importante, ovvero il futuro del nostro ambiente e la salute delle persone. Ma anche migliaia di attività economiche. Le trivelle attive in Italia sono tante: 6 per il petrolio e 39 per il gas. Ma secondo i piani del governo Renzi il nostro Paese può fare di più. Una manna per i petrolieri. Ma a che prezzo? Stando agli ambientalisti e ora anche ai governatori No Triv il rischio è di trasformare l’Adriatico in un colabrodo. E a pagare il prezzo più alto saranno le nostre coste e il turismo.
Per ora la task force delle Regioni a guida Pd che non vogliono nuove trivellazioni sono sei. Abruzzo, Molise, Marche, Puglia, Calabria e Basilicata minacciano di indire un referendum per la cancellazione delle norme che prevedono nuove concessioni petrolifere al largo delle nostre coste, previsto nel cosiddetto Sblocca Italia. Si sfila per ora dal tavolo di Termoli (la cordata delle Regioni No Triv) l’Emilia Romagna. Il 29 luglio si apre il primo incontro con il governo. L’appuntamento successivo è il 18 settembre alla Fiera del Levante di Bari. Ma questa è mera cronaca.
La verità è che l’Italia delle trivellazioni è fuori legge perché non ha ancora recepito la direttiva europea – la 2013/30/UE – che norma la questione. I tempi sono scaduti il 19 luglio e Bruxelles potrebbe farci una multa salatissima. Inoltre – dicono le opposizioni parlamentari – manca una vera autorità di controllo anche sulle attività di prospezione esistenti. E delle vere sanzioni. In caso di incidenti ambientali – avvertono da più parti – chi inquina rischia al massimo una multa. Senza nemmeno il ritiro della concessione. Questo apre la strada all’idea che muoversi nell’illegalità convenga.
“Alla base delle politiche di sfruttamento delle risorse ambientali del mare ci sono forti spinte geopolitiche di gruppi internazionali molto potenti”, denuncia il governatore dell’Abruzzo Luciano D’Alfonso. Le lobby energetiche godono di esenzioni e franchigie favorevoli. Al contrario dell’industria pulita delle rinnovabili. Intanto i nostri mari sono sotto attacco e in materia di delitti contro l’ambiente l’Italia è molto indietro. Ogni anno nel Mediterraneo vengono immesse 600.000 tonnellate di idrocarburi, dice l’Onu. Dal 1985 ci sono stati 27 incidenti con 271.000 tonnellate di petrolio sversato. Il conto chi lo paga?