
Nuovo Medio Oriente
Da ieri la mappa geopolitica del Medio Oriente è da ridisegnare, anzi, da buttare. Assieme all’elenco dei ‘buoni’ e dei ‘cattivi’ che valeva ancora oggi. Fase di fibrillazione e di tensione in Medio Oriente per rivedere tutti gli equilibri consolidati di ieri. Il disgelo tra Usa e Iran complica i rapporti che legano Casa Bianca, Israele e Arabia Saudita e aprono altri fronti nella competizione di fede e di petrolio tra arabi sauditi con l’islam sciita e i popoli iraniani. Poi il premier israeliano Netanyahu, che ha vinto l’ultima campagna elettorale proprio sulla minaccia del terrorismo e del nucleare dall’Iran.
I nemici in casa
Nemici dell’accordo anche negli Stati Uniti e in Iran. A Washington un buon numero di esponenti politici, soprattutto repubblicani, considera l’accordo come un tradimento del legame con Israele e con l’Arabia Saudita, e come riconoscimento della Repubblica Islamica come interlocutore. Un confine mai superato, sin dalla rivoluzione del 1979 con la caduta dello Scià e della successiva occupazione dell’Ambasciata americana a Teheran. Timori analoghi in direzione contraria in Iran tra coloro che sull’opposizione all’Occidente hanno costruito la posizione politica e istituzionale.
Il Regno dei Saud
L’Arabia Saudita, alleato Usa, teme l’ascesa dell’Iran nella regione lungo ‘l’asse sciita’ con i governi di Iraq e Siria. Questa una delle ragioni che ha spinto la Casa dei Saud a sostenere ribelli e jihadisti disposti a rovesciare il regime di Damasco. Una strategia che ha messo in difficoltà il presidente siriano Bashar al-Asad, ma non ne ha segnato la fine. In più, ha agevolato l’ascesa dello Stato Islamico del ‘califfo’ Abu Bakr al Baghdadi e permesso l’arruolamento nelle sue fila di circa 20 mila combattenti stranieri, di cui molte migliaia dall’Europa. Una grave minaccia alla nostra sicurezza.
Caos amici-nemici
Paradossalmente, presunti antagonisti dell’Occidente come l’Iran e la Siria, sono in prima linea insieme ai curdi nel contrastare l’Is, supportati dai raid aerei della coalizione a guida Usa. La stessa Coalizione include l’Arabia Saudita e altri paesi arabi, che interverrebbero volentieri non tanto per combattere i jihadisti, ma per rovesciare Asad. Ora Bashar si pone come baluardo contro al Qaida e lo Stato Islamico, ma questi gruppi terroristi devono molto alle decisioni di Damasco negli ultimi anni. Le repressioni violente delle proteste pacifiche del marzo 2011 radicalizzando lo scontro.
Yemen di sponda
E da quanto visto sinora, eco spiegata la guerra in corso nello Yemen. Riyad guida una coalizione sunnita nei raid aerei contro i ribelli sciiti huthi, con l’appoggio logistico e d’intelligence degli Usa. Gli stessi huthi, o meglio dire, sciiti, dopo aver conquistato la capitale Sana’a, hanno continuato la loro avanzata verso Sud, sostenuti dall’Iran. Il timore che la tessera yemenita si incastri nel mosaico di Teheran. Ora i leader della Lega araba riparlano dell’intenzione di creare un esercito arabo per contrastare l’influenza iraniana. Contrario solo l’Iraq, vicino a Teheran ma sostenuto da Washington.
Israele più isolata
Israele non crede alle intenzioni pacifiche del programma nucleare dell’Iran e non ha escluso di attaccarlo se -a suo parere- giungesse vicino alla costruzione della bomba atomica. Pesa il difficile rapporto tra il presidente Usa Obama e il primo ministro israeliano Netanyahu. Sgradita all’interno della stessa potente lobby ebraica statunitense la svolta ultra nazionalista in Israele, senza proposte di soluzione del problema palestinese e la gestione dell’espansionismo incontrollato delle colonie ebraiche. In uno scenario simile, un aumento della tensione in Medio Oriente è più che un’ipotesi.