
La Turchia ha preferito restare a guardare durante i mesi del drammatico assedio a Kobane -la cittadina siriana a maggioranza curda che si trova a due passi dal confine- suscitando la perplessità di gran parte della Comunità internazionale. Ora i vertici islamico-conservatori turchi si agitano di fonte alla progressione delle forze curde lungo la loro frontiera con la Siria.
La Turchia in Siria per fare cosa?
In progetto del presidente Erdogan è datato e a suo modo chiaro anche nella bugia: creare una ‘zona di sicurezza’ in territorio siriano. Per frenare il via vai di uomini e armi agli jihadisti tagliagola? Manco per sogno.
Erdogan, dopo le polemiche seguite dell’attacco jiadista a Kobane passando per la Turchia, respinge le accuse di complicità col Califfo e si dichiara pronto a inviare in Siria 18 mila soldati, per creare un ‘corridoio’, come da progetto dell’autunno del 2014 respinto dagli USA.
Ma ora scopre le ragioni vere: ‘evitare la formazione di un’altra entità statale curda’, oltre il Kurdistan iracheno, al confine con la Turchia.
Finalmente la verità.
L’arroganza del Presidente
Di fronte alla aperta provocazione dell’incontenibile personaggio, le autorità turche, edulcorando le dichiarazioni del Presidente, sottolineano che l’obiettivo del progetto resta solo quello di respingere i militanti di IS dal confine turco-siriano.
Il gioco delle parti, con la verità che appariva chiara a tutti già ai tempi del voltafaccia di Erdogan nei confronti dell’ex amico Bashar al-Assad.
Erdogan, sin dall’inizio delle prime dimostrazioni in Siria, ha chiesto per mesi alla Coalizione a guida USA l’autorizzazione a realizzare una ‘buffer-zone’, una zona cuscinetto al confine con la Siria e una ‘no fly zone’ per impedire a Damasco il volo sull’area di confine abitata in gran parte da popolazione curda.
Azzardo a doppio rischio
Contro questo progetto il PYD
PYD, principale Partito curdo in Siria, avverte la Turchia che, nel caso di intervento militare nel Rojava, le milizie curde sarebbero schierate contro.
Rivolto alla Comunità Internazionale, il PYD ricorda che l’eventuale intervento turco renderebbe ancora più esplosiva la situazione in Siria e Medio Oriente e minaccerebbe sicurezza e pace a livello globale.
Per il Partito dei Lavoratori Curdi (PKK), un attacco nel Rojava verrebbe considerato un attacco a tutto il popolo curdo e trascinerebbe la Turchia verso la guerra civile.
Il popolo curdo, non dimentica che l’esercito turco è rimasto a guardare i curdi di Kobane attaccati da IS, e ha impedito il passaggio di loro Unità di rinforzo, e tuttora blocca aiuti umanitari.
Situazione di alta instabilità
Sul terreno, in Siria, con la liberazione di Tel Abyad i curdi sono ora a soli 50 km da Raqqa e hanno il collegamento diretto con Kobane, con un controllo territoriale dell’Ypg proprio lungo il confine turco, per 180 km, da Ras al-Ain a Jarablus.
In questa ultima località, in realtà i combattimenti sono ancora in corso, ma l’eventuale vittoria dei curdi consentirebbe la loro controffensiva oltre l’Eufrate, col controllo di un tratto di 300 km di frontiera con la Turchia.
E questo fa paura ad Ankara.