
‘L’Egitto è in guerra’, dichiarano dal Cairo i vertici militari. Non un attentato o un colpo di mano, ma vera e propria guerra per ‘Il numero di terroristi coinvolti e le armi che hanno a disposizione’. È accaduto mercoledì primo luglio, nel nord del Sinai, dove decine di soldati sono stati uccisi in attacchi simultanei di miliziani dello Stato Islamico nel Sinai. Il giorno dopo il massacro il governo del Cairo prova ad alleggerire il bilancio giocando sui numeri, meno delle 70 vittime tra i militari e più di 100 morti tra i miliziani. Trucchi che non cambiano la realtà ma ne ‘aggiustano’ la percezione.
Colpiti 15 check point con attacchi kamikaze e con autobomba e assaltata una centrale di polizia. Ora l’esercito egiziano cerca riscatto e vendetta e dichia che le operazioni militari proseguiranno fino a quando ‘tutti i terroristi non verranno estirpati dal Sinai’. F-16 ed elicotteri Apache contro le postazioni dei miliziani, vanta in Cairo, ammettendo quindi che l’attacco jihadista continua. Inutili per ora gli interventi al confine con la Striscia di Gaza per impedire l’arrivo di miliziani dai territori palestinesi, e la distruzione di diversi tunnel sotterranei utilizzati per il contrabbando di armi.
Lo Stato Islamico nel Sinai era conosciuto come Ansar Beyt al-Maqdis, sino al giuramento di fedeltà al Califfo Al Baghdadi nel novembre 2014. Più di un semplice cambio di nome. Un salto di qualità nel numero di miliziani in campo e sul piano logistico con nuovi affiliati che continuano ad arrivare nel Sinai dal confine tra l’Egitto e i territori palestinesi. Guida del nuovo corso il religioso egiziano Abu Osama al-Masry sostenuto da disertori delle forze speciali egiziane. Cellule jihadiste che sino a ieri attaccavano le forze di sicurezza egiziane, ufficialmente per vendicare le oltre 1.400 vittime della repressione del presidente Al Sisi contro i sostenitori della Fratellanza Musulmana.
Gli attacchi nel nord del Sinai appaiono semplice preludio di altri più diffusi scontri temuti da oggi, secondo anniversario dalla destituzione dell’ex presidente Mohamed Morsi. Dopo l’uccisione del procuratore generale Hisham Barakat, avvenuta al Cairo il 29 giugno, il clima nella capitale è tesissimo. I Fratelli Musulmani sono pronti a scendere in strada sfidando la nuova legge antiterrorismo che prevede giudizi immediati e misure pesanti per chiunque tenti di finanziare i gruppi jihadisti. Ma il fronte è il Sinai, con la penisola che rischia di diventare una nuova regione dello Stato Islamico.