
Dati 2014 di ‘Human Rights Watch’: quasi 60 milioni di persone in fuga tra sfollati interni, profughi e 20 milioni di rifugiati, la metà dei quali minorenni. Un incremento di 8 milioni sull’anno precedente. Guerre, violenze e persecuzioni assieme a motivi economici sono la causa di questo esodo che troppo spesso si conclude con vere e proprie stragi nel Mediterraneo.
Dietro l’altisonante nome di ‘Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati’, Antonio Guterres, UNHCR, ammette l’impossibilità per le organizzazioni umanitarie di fronteggiare l’emergenza provocata dai 15 conflitti in corso negli ultimi 5 anni, di cui 3 in Medio Oriente e 8 in Africa.
Il numero più alto dei rifugiati è dalla Siria, seguita da Afghanistan, Somalia ed Eritrea.
Siria: in 4 anni di guerra, il numero di sfollati interni è arrivato a 7,6 milioni di persone e 3,9 milioni hanno trovato rifugio soprattutto nei Paesi vicini in Libano, Turchia e Giordania.
I dati presentano oltre 102 mila persone approdate sulle coste dei Paesi europei da inizio anno al 9 giugno 2015 (dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). Secondo l’ ONU, 1/3 dei rifugiati arrivati in Grecia, Malta e Italia è siriano.
Le cifre dicono che in Medio Oriente, Africa e Asia sono gli Stati più poveri ad accogliere questo esodo e chi cerca di arrivare in Europa è una porzione minima dei rifugiati nel mondo.
L’ipotesi europea di un’altra guerra in Libia in chiave anti-migrazione, al momento frenata dell’ONU, secondo molte valutazioni non risolverebbe il problema ma lo decuplicherebbe.
I molti muri. In Ungheria un muro alto quattro metri lungo 175 chilometri per separare il confine dalla Serbia, Paese da cui ogni anno entrano più clandestini di quelli che raggiungono le coste siciliane dal Mediterraneo. Ma i muri separano inutilmente popoli e nazioni?
Europa. In Irlanda del Nord, con le ‘linee della pace’ che continuano a separare le comunità cattoliche da quelle protestanti. A Cipro, dove 180 chilometri di filo spinato separano i turchi dai greco-ciprioti. Tra Ceuta e Melilla, dove Spagna e Marocco sono separate da una ventina di chilometri di barriere, come 33 km di muro separano il confine sensibile tra Bulgaria e Turchia.
Nel resto del mondo: in Cisgiordania, un muro alto fino a 8 metri, filo spinato, fossati e checkpoint, separa Israele dalle popolazioni palestinesi. In Arabia Saudita il confine con l’Iraq è protetto da 800 km di recinzioni elettrificate mentre si prepara un’altra barriera per separare lo Yemen.
In Iran, una barriera di 900 km separa la Repubblica degli Ayatollah dall’Afghanistan e un’altra barriera la separa dal Pakistan. Quest’ultimo è separato dall’India con la ‘linea di controllo’ che divide la regione contesa del Kashmir: la più grande barriera mai vista, lunga ben 3.300 chilometri.
Lungo il 38esimo parallelo, anche Corea del Sud e Corea del Nord sono separate sin dal 1953 dal confine più militarizzato al mondo. E nel Sahara Occidentale sei diversi muri (senza contare le mine antiuomo) separano Marocco e Mauritania e le terre del popolo Sahrawi . Per non parlare di Botswana-Zimbabwe, Israele-Egitto, Egitto-Striscia di Gaza, Messico-Stati Uniti e altro ancora.
Aldo Madia & redazione