Peggiore crisi profughi
dalla guerra mondiale

La ‘cote d’azur’ vietata. ‘Le immagini dei migranti sugli scogli a Ventimiglia sono un pugno in faccia all’Europa’, denuncia Roma. Migliaia di persone che vogliono andare in Europa, non in Italia e che i Paesi confinanti respingono sulla base di una certa lettura del trattato Schengen. Il dettaglio che spiega fuga caotica e il rifiuto di Francia, Svizzera, Austria e Slovenia di far passare i disperati: non vogliono farsi identificare in Italia altrimenti, per il regolamento di Dublino, dovrebbero restare nel nostro Paese. Ma vediamo i quattro punti chiave di questa fuga disperata individuati da Amnesty.

 

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Siria. Più di quattro milioni di rifugiati sono scappati dalla Siria dall’inizio del conflitto nel 2011 e il 95 per cento di loro si trova tra Turchia, Giordania, Libano, Iraq e Egitto. ‘Il mondo non può più stare a guardare mentre i paesi come il Libano e la Turchia assumono questi oneri enormi. Nessun paese dovrebbe essere lasciato solo ad affrontare una massiccia emergenza umanitaria con così pochi aiuti da parte degli altri stati, solo per il fatto di condividere un confine con un paese in conflitto’, denuncia il rapporto. In misura minore, ciò che sta accedendo da tempo in Italia.

 

Mediterraneo. Il mar Mediterraneo è la via più pericolosa in assoluto per i profughi. Nel 2014, 219mila migranti hanno attraversato quel tratto di mare e 3.500 di loro sono morti. Nell’ultimo anno le autorità italiane hanno soccorso 170mila persone. Amnesty international ha criticato la scelta di sostituire l’operazione Mare Nostrum con Triton, molto meno efficace nel salvataggio dei migranti, sia per il numero limitato di navi che per la riduzione dell’area di intervento. Secondo Amnesty, ciò ha contribuito all’aumento dei naufragi: 1.865 morti nei primi cinque mesi del 2015.

 

Africa subsahariana. Più di tre milioni sono i profughi dell’area dell’Africa subsahariana. I conflitti e le crisi nella regione hanno portato a un afflusso di rifugiati verso i paesi vicini, molti dei quali già ospitano decine di migliaia di persone provenienti dalla Somalia, il Sudan, l’Eritrea e l’Etiopia. In seguito al conflitto scoppiato nel Sud Sudan nel mese di dicembre 2013, più di 550mila persone sono state costrette a lasciare le proprie case e la maggior parte di loro si trova ora in Etiopia, Sudan, Kenya e Uganda. Oggi il presidente del Sudan, in Sudafrica, s’è reso latitante.

 

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Sudest asiatico. Nel primo trimestre del 2015, l’Unhcr ha riferito che circa 25mila persone, tra rohingya e bangladesi, hanno tentato di attraversare su barconi il golfo del Bengala. Il doppio rispetto al 2014. Nel mese di maggio, Indonesia, Malesia e Thailandia hanno respinto imbarcazioni con centinaia di profughi. Trecento di loro sono morti per ‘fame, disidratazione e abusi da parte di equipaggi’. Indonesia e Malesia hanno concesso ‘accoglienza temporanea’ a un massimo di 7.000 persone per un anno, chiedendo alla comunità internazionale aiuti col rimpatrio o reinsediamento.

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