In Ucraina si combatte. Tregua che va e viene tra nemici in casa

La tregua tra governativi e filorussi in frantumi. Cessa l’illusione di un percorso verso la pace nella separazione attuale da far diventare consenziente. Ancora un po’ di guerra prima che tutte le parti in campo possano accettare la divisione già operativa nei fatti, è la speranza degli ultimi ottimisti.

Il cessate il fuoco nell’Ucraina orientale è in briciole. E con esso gli accordi di Minsk: che negli ultimi tre mesi erano riusciti a contenere gli scontri tra i separatisti filorussi e le forze governative ucraine. A Maryinka e Krasnohorivka, sobborghi di Donetsk controllati dai governativi ci sono state vere e proprie battaglie, con carri armati e artiglieria pesante. E torna a impennarsi il numero delle vittime. I separatisti parlano di almeno 15 uccisi e di centinaia di minatori intrappolati sottoterra a causa dei blackout provocati dai bombardamenti. Gli ucraini denunciano 3 militari morti e 31 feriti.

Gli scontri tra le truppe governative e i ribelli in quest’area segnalano l’intensificarsi di operazioni militari lungo la linea di separazione, con una strategia dei ribelli che tende a consolidare i progressi sul campo e ad ampliare l’area finita sotto la loro giurisdizione. Uno dei luoghi sotto controllo di Kiev ma fortemente conteso, è appunto Maryinka, teatro di aspri combattimenti da mesi. La presa eventuale di questa città per inglobarla nelle repubbliche ribelli sembra un obiettivo alla portata dei separatisti e costituirebbe il principale progresso da mesi per i filorussi, dopo la presa di Debalstevo.

Di fatto, gli elementi politici dell’accordo di Minsk sono difficilmente attuabili. Impensabile che il governo di Kiev, già in gravi difficoltà economiche e retto dai prestiti del Fondo Monetario, paghi pensioni e quanto dovuto agli abitanti del Donbass. Ancora più impensabile che il parlamento ucraino approvi una riforma costituzionale in favore delle regioni autonomiste, visto che al momento sta approvando una legge che rende crimine la negazione dell’aggressione russa. Ma il ritorno del controllo dei confini al governo è subordinato a queste riforme e a elezioni autonome nel Donbass.

In una intervista televisiva il presidente ucraino Petro Porošenko ha riferito che sono circa 50mila i soldati ucraini attualmente impegnati nel Donbass, dove le truppe di Kiev e i miliziani separatisti si combattono dall’aprile dell’anno scorso. I militari ucraini, sostiene Porošenko, ora hanno esperienza mentre ‘un anno fa” erano “affamati, male armati, scalzi e mal addestrati”. Un rapporto di Amnesty international denuncia l’uso della tortura e il ricorso a esecuzioni sommarie da ambedue le parti. Ex prigionieri hanno raccontato di percosse, calci, elettroshock, privati dal sonno e minacciati di morte.

 

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