Il Nuovo Medio Oriente?
Di 5 Paesi se ne fanno 15

Il primo a lanciare il sasso nel settembre del 2013, anticipando decisamente tutti, è stato Robin Wright, analista per il New York Times, che scrisse sulla possibile disgregazione dell’attuale Medio Oriente geografico. La sua ipotesi prendeva in considerazione la suddivisione di Siria, Iraq, Yemen, Arabia Saudita e anche della Libia in nuovi micro-stati, spartiti per etnie e confessioni dei popoli che li vivevano. Un disegno destinato a modificare i confini nazionali di ieri e ancora di oggi. Un anno dopo l’analista Usa, a cambiare la geografia direttamente sul campo di battaglia fu in Califfo.

 

Mappa new MO jpg taglio 800

 

Di fatto, andando a curiosare in quel vecchio documento riscoperto da Lucio Tirinnanzi, scopriamo una sorprendente aderenza dell’analisi di allora con la realtà della/e guerra/e di oggi. Ma rimaniamo ancora alla geografia immaginata da Robin Wright. E scopriamo che nel nuovo mappamondo del New York Times, un Paese come la Libia sarebbe tornato alla classica suddivisione regionale di Cirenaica, Tripolitania e Fezzan, con un ruolo da protagonista della città di Misurata, nuova capitale della Tripolitania al posto di Tripoli, simbolo di un’epoca ormai scaduta e di memorie coloniali.

 

Stessa ipotesi di frammentazione per lo Yemen, dove il territorio veniva immaginato come fu prima della riunificazione del 1990, con un ritorno alla partizione statale da guerra fredda e da tribù locali, con Aden come capitale dello Yemen del Sud sunnita e Sanaa dello Yemen del Nord sciita. Ma le sorprese maggiori arrivano in Iraq e Siria che, riunificate in solo campo di battaglia dal Califfato, potrebbe in realtà disgregarsi in 4 nuovi Stati: Kurdistan, Shiitestan, Sunnistan e Alawitestan. Già i nomi dicono qualcosa ma approfondendo scopriamo che sarebbe soltanto geografia dei popoli.

 

Il Kurdistan iracheno, la terra dei curdi, sostanzialmente già indipendente da Baghad e oggi più o meno stabilizzato tra l’attuale confine turco fino ai pozzi petroliferi di Kirkuk, con la sua capitale Erbil. Lo Shiitestan, la terra degli sciiti, con capitale Baghdad, dalla antica capitale irachena a sud sino a Bassora, al golfo persico e ai confini con l’Iran, dove vive la popolazione musulmana sciita. Il Sunnistan, l’area a maggioranza sunnita che sul lato siriano va da Aleppo sino al confine giordano e che in Iraq si estende da Mosul fino alla grande provincia di Anbar, il cui capoluogo è Ramadi.

 

yemen mappa 600

 

Un gran pezzo dell’attuale Siria lo abbiamo già aggregato alla terra dei sunniti dell’attuale Iraq, e ciò che resta diventa l’Alewitestan, la terra degli alawuiti, una delle obbedienze islamiche sciite praticata dalle tribù cui appartiene la famiglia di Bashar al Assad. Si tratterebbe più o meno alla porzione di territorio dove mantiene ancora il suo controllo il governo di Damasco e che, partendo da sud si sviluppa lungo l’area di confine con il Libano, fino a tutta la zona costiera che si affaccia sul mare Mediterraneo e che a nord arriva fino al confine con la Turchia, esclusa la città di Aleppo.

 

Verifichiamo ora come, a due anni di distanza dalle ipotesi di Robin Wright lo sviluppo di quella che possiamo correttamente chiamata, la Grande Guerra del Medio Oriente. E le coincidenze tra ‘teoria e pratica’ in alcuni casi sono sorprendenti. Con particolare evidenza in Yemen, Siria e Iraq. Il ‘Sunnistan’ praticamente esiste già col nome di Califfato, e corrisponde al territorio conquistato dalle milizie di Al Baghdadi, dove oggi lo Stato Islamico non solo controlla il territorio ma ha l’amministrazione di uno Stato vero e proprio, con passaporti, tribunali, polizia, stipendi e pensioni.

 

Anche lo ‘Shiitestan’ esiste già, anche se lo indichiamo ancora col nome di Iraq perché del territorio fa parte l’antica capitale Baghdad, parte di un insieme che di fatto non esiste più da tempo. Ormai il governo di Baghdad controlla soltanto le regioni sciite che dal Golfo Persico e dal confine iraniano lambiscono la capitale e la provincia di Anbar, cioè quella frontiera contesa dove si verificano i più violenti scontri con i jihadisti di Mosul. Nella logica della omogeneità di popolazioni e fedi sul territorio andiamo a scoprire che le battaglie di Tikrit o Ramadi sono decisive guerre di confine.

 

siria mappa 600

 

Anche l’Alawitestan in Siria è già una realtà. Come fa osservare LookOut, ora in Siria l’esercito di Damasco si sta ritirando per proteggere la capitale Damasco, le città centrali di Hama e Homs e le coste. Una ritirata progressiva che ha scelto di proteggere le grandi città dove si trova la maggior parte della popolazione sciita-alawita, la gente a cui appartiene la famiglia Assad. Ed ecco che la divisione della Siria sarebbe già nei fatti. Il regime controlla la costa con Latakia e Tartus, le due città centrali di Hama e Homs, la capitale Damasco e l’autostrada Damasco-Beirut-DamascoHoms.

 

Fotocopia del recente passato in Yemen dove l’insurrezione dei ribelli Houthi, sciiti, ha creato una spaccatura che potrebbe riportare la geografia dell’estremo sud della penisola arabica al Novecento, quando lo Yemen si divideva in due Stati e due capitali: a nord la Repubblica Araba dello Yemen a maggioranza sciita e a sud la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen, a maggioranza quasi esclusivamente sunnita. Il pesante intervento della coalizione sunnita e guida saudita sta realizzando sul campo la vecchia partizione imposta allora anche dalla diverse appartenenza tra i blocchi.

 

Su Libia e Arabia Saudita, le ipotesi dell’analista Usa appaiono al momento più incerte, anche se non improbabili. In Libia la caduta del colonnello Gheddafi sembra aver messo in moto una sorta di centrifuga tra popoli e kabile. La Tripolitania è sotto scacco del governo islamista, Alba Libica, che governa Tripoli e Misurata sulla costa. La Cirenaica del governo laico di Tobruk è alle prese con le forze jihadiste di Isis e Ansar Al Sharia. Jihadisti libici colpiscono la costa tra Sirte, Bengasi e Derna. Nel Fezzan dove la comandano i gruppi etnici berberi, touareg e tebu, regna la calma.

 

syria CORTOON

 

Ma anche le straricche petromonarchie del Golfo hanno problemi in casa. Il regno feudale di stretta obbedienza sunnita wahhabita della famiglia Saud, ha sempre meno amici nel mondo, ed è pressato dall’islam sciita, presente in casa e sostenuto ai confini dall’Iran. Ecco la guerra di Riad in Yemen. Sul fronte avversario, Moqtada al-Sadr, la guida religiosa sciita irachena, non esclude che presto in Arabia Saudita ci possa essere una ‘Primavera Araba’ contro le correnti interne al governo saudita che alimentano l’estremismo sunnita, l’Isis. Campi di battaglia che si stanno estendendo nel MO.

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