Chi ha inquinato prima?
Gli assassini sono due
ma nel dubbio tutti assolti

Gli assassini sono due, ma chi è il più colpevole? Nel dubbio entrambi assolti. Azzardo metaforico per descrivere la sorprendente sentenza del Tribunale di Livorno sulla Lucchini di Piombino. L’azienda ha inquinato, così come il precedente proprietario. Ma non potendo stabilire quanta parte di responsabilità abbia l’uno e quanta l’altro, allora il gruppo industriale non deve risarcire per il danno ambientale provocato. Hanno stabilito così i giudici toscani, secondo i quali gli attuali proprietari non devono pagare i 588 milioni di euro chiesti dal ministero dell’Ambiente per l’inquinamento prodotto dalle acciaierie di Piombino e della Ferriera di Servola a Trieste.

 

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La storia non può essere portata alla sbarra degli imputati. Entrambi gli stabilimenti hanno inquinato a lungo l’ambiente circostante. Ma secondo l’ordinanza dei giudici Roberto Urgese, Emilia Grassi e Franco Pastorelli non è possibile stabilire quanto del danno ambientale prodotto possa essere addebitato alla Lucchini e quanto a chi c’era prima. Per questo la richiesta del ministero è inammissibile. Non si può sapere, scrivono i magistrati, quanto fossero inquinati gli stabilimenti prima di essere acquisiti dall’attuale proprietario.

 

È la giurisprudenza bellezza, e tu non puoi farci niente. Ma la decisione del Tribunale civile rischia di riversarsi con effetto domino su tutti i processi per reati ambientali. A partire dal polo petrolchimico di Marghera fino a l’Ilva di Taranto, lo scenario sui contenziosi per inquinamento rischia di cambiare rapidamente. Senza contare che la sentenza toscana potrebbe avere effetti immediati anche sull’approvazione della legge sugli Ecoreati in discussione in Parlamento, già molto controversa. Un allungamento ulteriore dei tempi e una modifica sostanziale rischiano di rendere inefficace un provvedimento che il Paese attende da tempo.

 

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Per una ragione o per un’altra chi inquina in Italia la fa sempre franca. Da noi manca una cultura della responsabilità, prima ancora che una legge per punire chi avvelena mari, fiumi, terreni e aria. Mesi fa un dossier di Legambiente fotografava una mappa penosa dei reati ambientali a rischio prescrizione o già prescritti. Reati che hanno un nome e un cognome, ma che la legge non persegue e a volte assolve, nonostante le migliaia di morti e le corsie degli ospedali affollate di ammalati per inquinamento. Una pesante eredità con cui è necessario fare i conti, perché deturpa il paesaggio, uccide la bellezza, mina la salute delle persone e ingrassa le tasche della criminalità organizzata.

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