
La comunità di nativi americani Navajo ha deciso di combattere obesità e altre malattie alimentari tassando del due per cento il cibo spazzatura, ovvero quello ricco di zuccheri, grassi saturi e sale in eccesso, il cui valore nutrizionale è pressoché inesistente. Sulla scia della norma sul junk food ne arriva una a favore dell’alimentazione sana: viene infatti abolita una tassa del cinque per cento su tutti i cibi salutari. Il provvedimento non ha precedenti nella storia degli Stati Uniti e promette uno stravolgimento delle logiche agroalimentari.
Carota e bastone. Se da una parte si colpiscono le cattive abitudini alimentari e l’industria del cibo mal sano, dall’altra si favoriscono mercati più salutari. I ricavi derivanti dalla norma in vigore dal 1 aprile – le previsioni per ora sono di 1 milione di dollari l’anno – verranno destinati allo sviluppo dell’agricoltura, alla crescita dei mercati contadini, degli orti e delle serre. Inoltre il piano dello Stato autonomo della riserva Navajo prevede la promozione dell’attività fisica.
La comunità indigena conta circa 300 mila abitanti, distribuiti in una zona a cavallo tra Arizona, New Mexico e Utah. Circa 25 mila di loro soffre di diabete e 75 mila sono prediabetici. Numeri da guinness dei primati considerando che un terzo della popolazione soffre di disturbi alimentari. A questo si aggiungono le complicazioni alle gravidanze per il 31 per cento delle donne a causa di obesità e sovrappeso. Insomma, una vera e propria piaga a cui è necessario porre rimedio. I confini della Riserva diventano anche recinti culturali ed economici da cui è difficile evadere.
La metà dei giovani, infatti, sono disoccupati e il 42 per cento della popolazione vive al di sotto del livello di povertà. Una delle ragioni che spingono i Navajo a consumare cibi in scatola e alimenti industriali in generale -che costano meno- è anche la distanza dai mercati alimentari che garantiscono cibo fresco e sano. Quasi tutti i 71.000 kmq della riserva indiana – scrive il FattoAlimentare – sono considerati dal Dipartimento Usa dell’agricoltura un food desert. Molti abitanti, infatti, vive a più di 10 chilometri dal più vicino supermercato.
Il consumo di cibi ipercalorici e inadatti a una dieta quotidiana è un problema per l’intero continente nord americano, ma non solo. L’Organizzazione mondiale della sanità fornisce dati allarmanti: tra il 1980 e il 2013 la percentuale di obesità è cresciuta del 27,5 per cento tra gli adulti e del 47,1 per cento tra bambini e adolescenti fino ai 19 anni. E il problema – a differenza di quanto spesso si racconta – riguarda i paesi più ricchi, dove l’accesso all’informazione e all’istruzione dovrebbe essere un’arma efficace contro le malattie da cibo.