
La fine dell’epoca da “leader maximo” di Silvio Berlusconi non è certificata dal malpancismo dilagante in Forza Italia ma dalla imminente vendita della sua ex “squadra del cuore” (e, in passato, del portafoglio). Il cinese di Hong Kong Richard Lee è pronto a staccare un assegno notevole, anche se il Milan di oggi è una squadra a pezzi. Ma ha un rilievo, nella storia del calcio mondiale, che non molte altre squadre del mondo possono avvicinare: scudetti italiani, Coppe dei Campioni, trofei internazionali, Palloni d’oro e altri riconoscimenti a grandi campioni. Il Bastian contrario è milanista da quando Nils Liedholm (grandissimo campione svedese del trio Gre-No-Li, cioè Gren, Nordhal e Liedholm) lo portò a vedere una partita del Milan a San Siro, dopo il suo ritiro dall’attività agonistica. Il Milan di oggi è a pezzi, come Berlusconi. Ma, a differenza di Berlusconi, il Milan può avere un futuro. SB no, ha chiuso.
Il Bastian si richiede: ma si meritava tanti complimenti Maurizio Lupi per le dimissioni da ministro? Se era per la telefonata di raccomandazioni per il figlio, passi. Ma Lupi doveva essere dimesso in malo modo perché, anima verginella, non sapeva o non si era accorto o aveva preferito chiudere gli occhi sul dirigente del ministero Ercole Incalza che aveva procurato incarichi milionari di direzione delle grandi opere a Stefano Perotti (che ripagava Incalza con tangenti mascherate da consulenze); Incalza tra il 1999 e il 2008 ha ricevuto da Green Field (società di ingegneria) circa 700mila euro (più di quello che guadagnava al ministero). Green Field, per la Procura di Roma, aveva come scopo quello di “pagare personaggi istituzionali”. Il Bastian insiste: complimenti a Lupi o un calcio nel sedere (è Pasqua, siamo buoni)?
Da non perdere quanto ha scritto Roberto Cotroneo sull’ultimo numero di Sette (titolo: Dilettanti allo sbaraglio 2.0). Incipit: stiamo costruendo una società di dilettanti. Il web, dice, è pieno di gente che pensa di saper comunicare, di saper girare un video, di scrivere un testo emozionale, raccontare una storia, esattamente come ritiene di dover sapere tutto su un rosso d’annata o su un cronografo prezioso costruito in pochissimi esemplari. Come se, nel magma del web, conta solo l’istinto e/o il talento. Nella società del marketing prevale il dilettantismo, il fingere di avere talento fino a convincersi di averlo davvero. Se questa è la rivoluzione del Web 2.0, il Bastian si chiede: ma studiare (per esempio la storia) serve ancora a questa nuova generazione di geni-sprint?