
Gira e rigira, almeno per quanto se ne sa alla fine sulla RAI è stato partorito il classico topolino: sempre meglio di uno scarafaggio.
Sulle scelte per la governance non c’è molto da dire. Messa da parte la soluzione duale, gestione separata dal controllo (che avremmo preferito) quello trovato era uno dei pochi compromessi possibili, perché mette in equilibrio parlamento e governo e responsabilizza il ruolo aziendale.
Non sono sicuro che sia sufficiente a eliminare la lottizzazione, dipenderà tutto dalle scelte concrete e soprattutto dalle procedure che verranno introdotte, sulle quali nulla è dato sapere. Un maggiore ruolo governativo avrebbe garantito meglio dal perpetuarsi delle ingerenze partitiche, ma alla fine le critiche sarebbero state più pesanti e forse anche la Corte Costituzionale avrebbe avuto da ridire.
Mi sembrano del tutto fuori luogo gli indirizzi sulla fisionomia delle reti, non perché l’ipotesi espressa, di una rete culturale senza pubblicità, sia di per sé sbagliata, ma perché l’idea che sia ancora la politica a configurare la struttura dell’offerta significa avere capito poco o nulla della rivoluzione digitale, che impone soluzioni elastiche e riadattabili nella disponibilità degli amministratori.
Quanto al canone, la fiscalità generale è una soluzione solo se é accompagnata da un meccanismo che garantisca certezza di risorse almeno per l’intero mandato del nuovo Consiglio. Ma non è chiaro se la soluzione sarà quella. Bene, in linea di principio, la sburocratizzazione delle procedure amministrative.
Infine: mi pare evidente, sempre per quanto se ne sa, che questa non è una legge di riforma della RAI ma solo della sua governance, per sostituire una piccola parte della legge Gasparri in vista della imminente scadenza del vecchio Consiglio. Il grosso del lavoro, missione è mandato, è ancora tutto da fare. E le dichiarazioni di Renzi danno un po’ la sensazione che non gli abbiano lasciato gestire il gioco come voleva, e che potrebbe essersi stancato.
I punti resi noti del disegno di legge approvato in consiglio dei ministri
Nessun decreto e si parte dal CdA: la legge dovrà passare attraverso l’iter tradizionale tra Camera e Senato. La proposta di riforma parte dalla governance. Un cda a 7 membri (dai 9 attuali) e un Amministratore delegato con poteri rafforzati: questi i punti principali della riforma della Rai che il Consiglio dei ministri ha appena approvato. I membri del cda saranno eletti due dalla Camera, due dal Senato, due dal Tesoro (uno dei quali sarà indicato come Ad) e uno dai lavoratori. Il cda eleggerà al proprio interno il suo presidente. E sarà sempre il cda a nominare l’amministratore delegato sentito l’azionista. Per quanto riguarda la revoca dei membri del cda sarà proposta dall’assemblea, ma acquista efficacia solo con una conformità di parere della commissione di vigilanza. L’Ad rispetto al direttore generale di oggi potrà decidere su spese fino a 10 milioni di euro (rispetto ai 2,5 di oggi) e deciderà da solo sulle nomine dei dirigenti apicali. Il premier Renzi ha presentato in Consiglio dei ministri anche le linee guida con la mission per il futuro vertice della tv pubblica.
I compromessi. Renzi nell’illustrare alla stampa il disegno di legge ha spiegato: «Nel ddl ci sono alcune piccole modifiche della governance della Rai che offriamo al dibattito parlamentare: nessuno di noi vuole mettere le mani sulla Rai, la tesi contraria cozza con la realtà. È il contrario. Se la maggioranza vuole mettere le mani sulla Rai, basta che stia ferma e si affidi alla legge Gasparri. Nella riforma del governo relativa alla Rai diamo al futuro capo azienda qualche potere e qualche responsabilità in più. Anche la Rai deve essere liberata dal dibattito frustrante tra singole forze politiche. La Commissione parlamentare di vigilanza deve essere mantenuta: ma deve solo vigilare e controllare. Se la riforma non verrà approvata in tempo, il prossimo Cda della Rai verrà nominato con la legge Gasparri. Per la prima volta con la riforma della Rai diamo la possibilità ai dipendenti di indicare uno dei sette membri del cda, che sarà votato dai lavoratori in assemblea. Sul Canone, nel ddl sulla Rai c’è una delega a sciogliere questo nodo, per far sì che non ci sia un’evasione per cui cittadini onesti lo pagano e altri rifiutano di farlo.