
L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, l’Ispi, anche se tralascia l’attualità non fa sconti. E ci dice che anche nel 2014 le relazioni politiche ed economiche internazionali non hanno ancora risolto i loro principali problemi. Ancora ‘in mezzo al guado’. Il neo terrorismo islamico dell’Isis, certo, ma tutt’altro che superata la grande crisi economica esplosa ormai da otto anni, solo in parte riassorbita negli Stati Uniti che resta particolarmente acuta proprio in Europa e in Paesi emergenti. Pura peggio lo scenario internazionale per cui si parla di ‘decomposizione dell’ordine internazionale.
Nel 2014 si sono moltiplicate o aggravate le crisi diplomatiche e militari in Medio Oriente, in Libia e nella stessa Europa fino a coinvolgere direttamente anche una grande potenza come la Russia. Ciò che ha contribuito più di tutto a rafforzare la sensazione di trovarsi ancora in mezzo a un guado è il nuovo, brusco raffreddamento delle speranze di ripresa economica coltivate in Europa nell’ultimo biennio, per non parlare di quelle ancora più ambiziose suscitate solo sei anni fa, su scala globale, dall’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Barack Obama. Che vince in economia e basta.
La grande svolta promessa da Barack Obama è la prima vittima della ‘epidemia’ di crisi dell’ultimo anno. Nata per rimediare ai disastri politici e militari della ‘dottrina Bush’, anche la politica estera dell’amministrazione democratica ha finito per perdersi in una crescente confusione strategica, simboleggiata nell’ultimo anno dalla nuova crisi nei rapporti con la Russia -fine delle illusioni nei rapporti con il vecchio nemico- dalla precipitosa rinuncia al disimpegno militare dall’Iraq imposta dal Califfato, e accompagnata dal prolungamento della missione di combattimento in Afghanistan.
Dietro le difficoltà e, secondo molti osservatori, il fallimento della politica estera di Obama, quella che si profila è una decomposizione più generale del modello di Nuovo Ordine Internazionale varato agli inizi degli anni Novanta e rilanciato, militarizzato, all’inizio del decennio successivo. Da Clinton a Bush, per intenderci. La portata dell’attuale crisi appare immagine riflessa della natura ambiziosa e irrealistica di quel modello fondato sullo strapotere del paese-leader, la collaborazione di una cerchia sempre più ampia di alleati e sull’acquiescenza di tutti i potenziali antagonisti.
Era un progetto di ‘ingegneria sociale’, una sorta di ‘religione civile’ della transizione al mercato e alla democrazia. Associazione dei due contenuto ormai decisamente incerta. Sollecitato da molti il passaggio dal mercato alla democrazia. Ma in attesa del sogno, i valori in campo col mercato che dovrebbe produrre anche democrazia, entrano in conflitto tra loro. E sta prevalendo la voglia, la preferenza per la democrazia, il principio dell’eguaglianza fra gli Stati, l’appello alla giustizia, il timore dell’instabilità, contro lo strapotere del più forte e per il rispetto del diritto internazionale.