C’ERA UNA VOLTA – I Freikorps del Baltico precursori del nazismo

Parallelismi della storia sul Baltico un secolo dopo, tensioni tra nuovi imperi e altri volontari sospetti

Dopo la Grande Guerra non fu solo l’Ucraina a diventare terreno di scontro tra rossi e bianchi, ma per anni anche la zona oggi corrispondente più o meno alle repubbliche baltiche e a parte della Polonia nord-orientale fu teatro di un conflitto provocato dal vuoto di potere della scomparsa dell’impero russo. Nemmeno la Finlandia si sottrasse a una vasta guerra civile nei primi sei mesi del 1918. Poi toccò a estoni, lettoni e lituani, tedeschi e polacchi, russi bianchi e bolscevichi affrontarsi per il possesso dei territori. Poiché non si trattò di scontri tra eserciti regolari, il coinvolgimento della popolazione civile fu sistematico e sanguinoso.

A parte le altre formazioni eterogenee di diverse nazionalità coinvolte, i veri protagonisti del periodo furono i Freikorps, unità tedesche di volontari il cui nocciolo era costituito da ex combattenti, categoria che dopo la guerra era numerosa e alla ricerca di occupazione. Di fatto assolsero in parte quei compiti che la Germania -priva di forze armate o impossibilitata dalle condizioni dell’armistizio o dalla pace di Versailles- non poteva eseguire direttamente o sostenere ufficialmente.

Ad appartenenti ai Freikorps è da ricondurre ad esempio l’assassinio di Rosa Luxemburg, sebbene manchino a tutt’oggi prove dirette. In parecchi casi però i Freikorps andarono oltre disobbedendo alle disposizioni del governo di Weimar o ribellandosi apertamente, come avvenne nel caso del tentato putsch di Kapp (1920, da non confondersi con il putsch di Monaco del 1923, al quale prese parte Adolf Hitler).

 

Una parte di queste vicende è raccontata in un romanzo autobiografico (I proscritti) scritto da Ernst von Salomon (1902-1972), diciassettenne all’epoca, che aveva raggiunto il Baltico dopo i primi passi nella repressione del moto spartachista a Berlino. Al ritorno von Salomon tornò a combattere in Alta Slesia dove Germania e Polonia si contendevano il possesso della regione; dopo l’organizzazione dell’attentato a Walter Rathenau (1922), ministro degli esteri della repubblica di Weimar, fu processato e condannato uscendo dal carcere nel 1928.

Anche se von Salomon non aderì in seguito al nazismo -nel senso che non ricoprì mai ruoli ufficiali, ma anzi fu sempre guardato con un certo sospetto- la stragrande maggioranza dei reduci del Baltico o dell’Alta Slesia però lo fece, arruolandosi in buona parte alle SA, le famigerate ‘Camice brune’ di Röhm: intimidazioni e minacce, pestaggi, scontri di strada, incendi a sedi di partiti o edifici pubblici furono più o meno le attività principali fino alla grande epurazione del 1934 decisa da Hitler e Himmler.

Il libro inquietante di von Salomon -come scrisse Giaime Pintor- descrive «la natura essenzialmente vulcanica del sottosuolo d’Europa» da cui è sorto il nazismo e pare oggi che sul Baltico se ne rintracci ancora l’eredità dispersa.

 

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