Decreto anti-terrorismo, stop ai ‘foreign fighters’. Sofferti poteri alle spie

Decreto anti-terrorismo,
stop ai ‘foreign fighters’

L’Italia possibile bersaglio del terrorismo jihadista aggiorna con un po’ d’affanno le sue difese. Diventa reato andare a combattere all’estero, aumentano i poteri di espulsione degli stranieri da parte dei prefetti, si stringono le maglie sul web per i siti di proselitismo integralista islamico, più poteri agli 007, arrivano a 4.850 i militari impegnati nel presidio di possibili obiettivi, alla Direzione antimafia ci sarà un coordinamento delle inchieste sul terrorismo. Decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri, dopo i rinvii delle scorse settimane. Il testo definitivo non è ancora certo.

L'obiettivo potenziale più temuto

L’obiettivo terroristico potenziale più temuto

Ma il governo, assillato dalla fretta riformista, si vende in anticipo l’antiterrorismo e made in Italy. Primo obiettivo, il contrasto ai ‘foreign fighters’, circa 5.000 in Europa ed una cinquantina censiti in Italia. Diventa reato andare a combattere all’estero e le pene sono molto alte. Reclusione da 3 a 6 anni per chi si arruola nelle organizzazioni terroristiche, lo stesso per chi supporta i combattenti, organizzando, finanziando e facendo propaganda. Pene più pesanti ancora -da 5 a 10 anni- per i ‘lupi solitari’,  i più temuti, chi si auto addestra all’uso delle armi, con aggravanti per chi lo fa via web.

Maggiori poteri di espulsione poi ai prefetti nei riguardi di stranieri che si preparano a prendere parte a conflitti e ritiro del passaporto per chi è sottoposto a misure di prevenzione. Per quanto riguarda il web, sarà istituita una black list al ministero dell’Interno dei siti internet che sostengono il terrorismo e ci sarà l’oscuramento deciso dall’autorità giudiziaria. Magistratura che dovrà adesso coordinarsi sulle inchieste di terrorismo a livello nazionale. Sarà la Procura nazionale antimafia e ora anche antiterrorismo ad ampliare le sua competenze per avere un quadro complessivo.

Dal sito ufficiale dei Servizi segreti esteri, il direttore Alberto Manenti

Dal sito ufficiale dei Servizi segreti esteri, il direttore Alberto Manenti

Novità anche per i Servizi segreti. Dopo incertezze e polemiche, il decreto rafforza ma solo in parte l’intelligence, favorendo operazioni sotto copertura ed allargando le ‘garanzie funzionali’ per gli infiltrati. Tradotto, se fai finta di essere un ‘bandito’ per scoprire tutta la banda un po’ il bandito lo devi fare. Problema, il ‘monopolio dell’azione penale’. Anche quando esclusiva costituzionale finisse con l’affidare la lotta al terrorismo a magistrati inadeguati o incapaci a coordinarsi con l’intelligence o con altre procure. Ironie sul ‘Pd dei magistrati’ contro il sottosegretario Minniti ‘degli 007’.

Un mese di ritardi per questa partita interna, poi il risultato pasticciato di ieri. L’inserimento nel decreto legge di ‘immunità funzionali’ per gli 007 impegnati nella lotta al terrorismo. Immunità certo non per rapire un sospetto e torturarlo, ma -esempio- di entrargli in casa o nell’automobile se si sospetta la possibilità di un attentato. In casa o auto loro entri con le chiavi o col grimaldello? Poi la partita carceri. La formula trovata fa quasi sorridere. Agli 007 sarà consentito ‘fare colloqui diretti con detenuti’, ma solo ‘dietro autorizzazione della magistratura’. Sempre il problema di chi decide cosa.

Il sottosegretario Marco Minniti con delega ai Servizi segreti

Il sottosegretario Marco Minniti con delega ai Servizi segreti

Quella di aprire le porte delle carceri (come visitatori e non come ospiti ) ai nostri 007 permettendo loro d’interrogare i terroristi detenuti è stata la proposta più osteggiata. Altri mal di pancia, per la nascita di una «super procura» antiterrorismo all’interno della Direzione Nazionale Antimafia. Una ‘camera di compensazione’ in cui coordinare le attività dei servizi e dei giudici? Timori incrociati di magistrati e spie. Comprensione delle esigenze reciproche col magistrato pronto ad autorizzare preventivamente le operazioni più ‘spinte’? Fantasia. L’irrisolto problema del cosiddetto ‘extra lege’.

A scoraggiare sulla operatività reale della piccole riforma decisa, il vertice politico stesso. Il caso dell’italiano presunto militante Isis -più probabilmente uno spostato- arrestato dei curdi ad Erbil, la loro capitale. Nato a Reggio Calabria 35 anni fa e cresciuto a Bologna dove si sarebbe convertito all’Islam. Il 18 gennaio il ministro dell’Interno Alfano aveva fatto sapere che un italiano era detenuto in Iraq con l’accusa di terrorismo. La settimana scorsa la scoperta a mezzo stampa da parte del ministro Gentiloni, noto per il ‘non pagamento dei riscatti’. O vi parlate o almeno leggete i giornali.

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