Brava Michelle Obama
in Arabia senza veli

Forse è un piccolo gesto, d’accordo, ma ha impressionato molti osservatori. Michelle Obama, accompagnando il marito a Riyad, è scesa dall’aereo presidenziale senza il benché minimo segno di velo sul capo. E in seguito, incontrando il nuovo re saudita Salman, così ha continuato. Bel sorriso, abbigliamento totalmente occidentale (abito blu con pantaloni), e di nuovo nessuna traccia di velo.

Troppo poco per scrivere un articolo? A mio avviso no. Rammento che stiamo parlando di una monarchia di stampo prettamente medievale (nel senso peggiore del termine), nella quale le donne non solo devono coprirsi per legge da capo a piedi pena punizioni severissime, ma non possono addirittura guidare l’automobile.

Un Paese, inoltre, dove a un blogger dissidente è stata inflitta la condanna a mille frustate in pubblico, per ora sospesa grazie alle pressioni internazionali, e in cui due donne sono già finite in prigione per aver osato trasgredire il divieto cui sopra accennavo: quello di guidare un’auto.

 

La bella Michelle, il Presidente e il Re

La bella Michelle, il Presidente e il Re

 

Il comportamento di Michelle Obama acquista allora un alto valore simbolico. Tanto più notando che il regno della dinastia Saud è un alleato chiave degli Stati Uniti in Medio Oriente e possiede una quota rilevante delle riserve di petrolio mondiali. Anche se ultimamente, in ambito occidentale, molti insistono sull’ambiguità di fondo della politica di Riyad nei confronti del terrorismo islamista.

Sembra ovvio che lo stesso Presidente americano abbia concordato con la consorte il comportamento da tenere in occasione della visita ufficiale, e anche questo è un segnale importante.

Purtroppo ci siamo abituati a considerare legittime le richieste di rispetto della loro religione avanzate da tante nazioni islamiche senza tuttavia esigere qualcosa in cambio. Ogni fede religiosa va rispettata senza esitazione, tanto dai credenti quanto da chi non crede.

 

Deve tuttavia valere una perfetta reciprocità. Se in Occidente si consente alle donne islamiche di conservare il loro abbigliamento, dal semplice velo al burka che causa, per esempio, seri problemi di identificazione ai controlli aeroportuali, non si vede per quale motivo una donna europea o americana debba essere costretta a velarsi quando si reca a Riyad.

In alcune aree di Londra e di Parigi è facilissimo vedere i burka. Prima tale fatto era considerato normale, mentre ora, per ovvi motivi, molti invocano maggiore attenzione. E’ troppo chiedere la reciprocità, e cioè che europee e americane possano tranquillamente percorrere le strade di una qualsiasi città saudita o pakistana indossando degli abiti normali?

 

Michelle e quei pantaloni molto ben indossati

Michelle e quei pantaloni molto ben indossati

 

Sulla questione della reciprocità i governi occidentali fanno di solito orecchie da mercante. Si può – entro certi limiti – capirli, considerati gli interessi economici e strategici in gioco. Occorre però ribadire che, continuando così, si perderà una battaglia importantissima, di carattere politico ancor più che culturale.

Proprio per questo il gesto della First Lady acquista un valore simbolico di grande portata. E’ la rivendicazione della laicità che in Occidente ormai accomuna credenti e non, nella convinzione condivisa che la dimensione religiosa non debba essere confusa con quella politico-sociale e, nel caso in oggetto, istituzionale. E il sorriso di Michelle lo ha opportunamente rammentato a tutti.

 

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