
Il 2015 per il movimento jihadista nigeriano “Jama’atu Ablis Sunna Lidda’ Awati Wal Jihad” (Popolo affidatosi agli insegnamenti del Profeta per la preghiera e il combattimento), per la maggior parte di noi Boko Haram, (La cultura occidentale è peccato) sembra essere l’anno della sfida assoluta. La conquista militare e religiosa di un pezzo decisivo di Africa nera. Nigeria, Niger, Ciad e Camerun.
Stillicidio ed escalation
Si inizia a o capodanno. Due assalti: un commando attacca nel Nord del Camerun un pullman uccidendone o sequestrandone i passeggeri; un altro gruppo assalta un villaggio nel Nord Est nigeriano e sequestra oltre 40 giovani tra i 10 e i 20 anni conducendoli nella Sambisa Forest, base di Boko Haram dove si ritiene tengano nascosti gli ostaggi.
Dopo appena una settimana, un imponente schieramento di Boko Haram circonda 16 villaggi lungo le rive del Lago Ciad, utilizza almeno tre giovanissimi kamikaze, costringe alla fuga l’Esercito e devasta la città di Baga, sede della “Multi-National Joint Task Force”.
Il Quartier Generale della Mnjtf occupato consente a Boko Haram di controllare i tre confini dello Stato del Borno (il più importante dei 12 Stati musulmani del Nord nigeriano) con Niger, Ciad e Camerun.
Bilancio di vittime fra 400 e 2 mila.
Cosa sta accadendo in quel pezzo di Africa?
Quei fatti ci dicono che l’alleanza del leader nigeriano Shekau con al Baghdadi, califfo di ISIS, è concreta e l’agenda combattente è identica: guerra al governo locale e agli Stati ‘apostati’ confinanti per acquisire profondità strategica, per arrivare alla fondazione di uno Stato Islamico basato sulla sharia nel continente africano.
Negli ultimi 5 anni, il movimento ha provocato 1,5 milioni di sfollati e migliaia di vittime, ha colpito anche in Mali, Repubblica Centrafricana e Somalia.
Controlla il 70% dello Stato del Borno, 20 città del Nord-Est tra cui Baga, che consente di fatto l’accerchiamento della capitale Maiduguri, che ospita più di 20 mila sfollati.
È in un mercato di Maiduguri che mandano al massacro una bambina kamikaze di 10 anni, dilaniata con le sue 19 vittime.
Operazione ripetuta il giorno dopo nel mercato di Potiskum, con due bambine kamikaze.
La sfida assoluta e la ‘Francafrica’
È la Francia, provata dagli attacchi dei jihadisti che hanno seminato la morte a Parigi, il primo Paese a intervenire, compresi quelli africani. E il suo, come vedremo, non è un intervento mosso solo dallo sdegno di fronte a tali perverse crudeltà.
Il Presidente francese invita Nigeria, Niger, Ciad e Camerun a fornire 700 militari ciascuno a tutela delle frontiere.
Parigi ha interessi strategici nell’area del Sahel e soprattutto nel Niger, dalle cui risorse di uranio attinge la maggior parte delle sue necessità energetiche soprattutto per il nucleare.
Perché l’intervento della Francia a distanza di un anno da quello in Mali? E quali le future conseguenze?
Punire i selvaggi e difendere l’uranio
La Francia riceve dal Niger il 40% del fabbisogno dei suoi 59 reattori nucleari che assicurano a Parigi l’80% dell’energia elettrica.
La Francia può contare non solo sui giacimenti di uranio di Arlit e Akauta nel Nord nigerino ma anche sulla multinazionale Areva che detiene da oltre 50 anni il monopolio dello sfruttamento dei giacimenti nigerini e si appresta a inaugurarne un terzo entro il 2015 a Imouraren.
Le preoccupazioni di Parigi sono condivise anche dall’ AFRICOM, il Comando delle Forze USA per l’Africa, che segnala le minacce da non sottovalutare per evitare l’estensione in tutta la regione dell’estremismo islamico e ne indicando quelle prioritarie.
Le fragilità nel Sahel e nel Niger
1) La prima fragilità, pericolo, viene dalla minaccia dei jihadisti insediatisi nel Sahel, dove operano soprattutto il “Mouvement pour l’Unicité et la Jihad en Afrique de l’Ouest” (MUJAO) proveniente dal Mali;
2) Al Qaeda in the Islamic Maghreb” (AQMI) operante in tutto il Sahel;
3) Boko Haram, originato in Nigeria con basi anche in Niger (ha un confine di 950 km con la Nigeria) e attivo in Ciad, Camerun, Mali, Repubblica Centrafricana e Somalia;gli al- Shabaab somali;
4) il Nigerien Movement for Justice (MNJ) d’etnia tuareg, che non hanno aspirazioni indipendentiste come i tuareg maliani ma richieste per più equa ripartizione delle risorse e rispetto per l’ambiente.
La seconda fragilità, concernente in particolare il Niger, è data dalle 800 mila persone bisognose di aiuto alimentare, dall’arrivo di 60 mila profughi dal Mali e dall’avere inviato 650 militari in Mali.
Ci sarà un altro fronte di guerra in Africa?
La possibilità che Boko Haram ne sia la scintilla appare molto alta.