
Ei fu. Il progetto per la realizzazione del gasdotto South Stream è «assolutamente chiuso in maniera definitiva». Categorico l’amministratore delegato del gigante russo Gazprom a dare conferma che non era solo una mossa politica quell’annuncio fatto pochi giorni fa dal presidente russo Putin. Tramonta, quindi, il progetto di portare il gas russo verso l’Ue aggirando l’Ucraina, percorso nato più per ragioni politiche che economiche, ostacolato e frenato dall’Unione europea e ora diventato un peso per il Cremlino nel momento in cui il Paese sotto embargo Usa-Ue ha problemi economici.
Un progetto dai costi esorbitanti. Dalla cittadina russa di Anapa, per il tratto sottomarino sui fondali del Mar Nero, era previsto un investimento di almeno 14 miliardi di euro, più altri 9,5 miliardi per la tratta europea, dalla costa bulgara sino all’Austria. Un bel risparmio, per le casse russe, ma una nuova concorrenza all’Ue sul fronte turco mentre i Balcani piangono. Più gas russo per Ankara, col lo sconto del 6%, e gasdotto fino alla Grecia in grado di sparigliare la partita con epicentro la Siria. Per l’UE improvvida effetti boomerang. Festeggiano gli Usa col gasdotto TAP dall’Azerbaijan.
Gli intralci di Bruxelles e poi le sanzioni mirate a colpire direttamente Gazprom con l’idea che la Russia non poteva fare a meno dei consumi europei. Ma la Russia ha alla fine deciso di ‘vedere’ il bluff dirottando verso Est il gas destinato al South Stream. E con esso le proprie scelte strategiche. Ora l’Europa, soprattutto la parte Balcanica e quella Meridionale tra cui l’Italia, dovrà cercare il gas a prezzo più caro, compromettendo le possibilità di ripresa. Queste le conseguenze della guerra economico-finanziaria contro la Russia che è parte delle varie minacce portate ai suoi confini.
Anche la Turchia, come la Russia, è un altra nazione ‘respinta’ dall’Ue, costretta ad abbandonare le proprie speranze europee e rivolgersi verso Oriente. E la Turchia è la diciassettesima economia mondiale, il secondo esercito e la terza forza aerea nella NATO. Un colosso rispetto ai Paesi nell’ area di Medio Oriente e Centrasia, alla ricerca di un sbocco politico da potenza regionale con le popolazioni turcofone dal nord dell’Iran per tutta l’Asia centrale fino agli Uiguri del Sinkiang. Con la necessità di linee di rifornimento energetico per un tasso di crescita doppio della Germania.
Tra Erdogan e Putin ad Ankara, patti chiari per una amicizia lunga. Punti divergenti, Crimea e Siria da una parte, e la costituzione di un’entità statale curda nel nord dall’altra. La Russia ha continuato a sostenere il PKK curdo. Ma la politica turca per un rovesciamento di Assad in Siria ha favorito il rischio di una entità curda ai confini, controllata da forze filiate dal PKK. Due difficoltà che stanno favorendo un compromesso. La Turchia, controllando i Dardanelli, tiene le chiavi della porta russa al Mediterraneo. La Russia che, sostenendo il PKK, tiene la chiave della instabilità interna turca.
Il contenzioso russo-turco che viaggia dal Medio Oriente all’Asia Centrale, dai Tatari di Crimea fino agli Uiguri nell’alleata Cina viene affrontato con la ricerca di compromessi accettabili. Mentre la partita Russia Usa Ue, giocata sulla non virtuosa realtà Ucraina e sulle fobie di staterelli baltici rompe un equilibrio continentale. Ed ecco che l’annullamento di South Stream diventa la durissima contro sanzione russa, mentre l’accordo con la Turchia fa saltare l’accerchiamento di Mosca e apre ad Ankara il Medio Oriente con un potente alleato. Sintesi finale, politica estera europea demenziale.