Gli Usa sulla Siria:
altro giro di giostra
Obama ricambia idea

E così siamo all’ennesimo giro di valzer USA sulla Siria. Dopo le lunghissime esitazioni circa l’opportunità di attaccare direttamente il regime di Assad, terminate con un nulla di fatto, ora Barack Obama cambia di nuovo idea.

Il governo di Damasco diventa ancora una volta l’obiettivo prioritario, dal momento che il Presidente americano recita il “mea culpa” (dando così ragione a posteriori a Hillary Clinton) e proclama ai quattro venti che è impossibile battere l’ISIS – o IS che dir si voglia – se Assad resta al suo posto.

Il ragionamento è piuttosto strano, ma più o meno suona così. Si parte dall’assunto che le milizie del Califfato non possano essere sconfitte sul campo in assenza di una transizione politica in Siria (o, meglio, in ciò che ne rimane), transizione che passa necessariamente attraverso l’eliminazione, fisica o metaforica, di Bashar Assad.

 

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La chiave per capire il ragionamento di cui sopra si basa interamente sulla fiducia che i cosiddetti ribelli “moderati”, ora armati e addestrati dagli Stati Uniti, siano i soli in grado di mettere fine adeguatamente, dal punto di vista occidentale, al caos siriano che è tuttora enorme.

Non importa che tali ribelli moderati abbiano già dato segno di non disdegnare eventuali accordi tattici con ISIS e al-Nusra. Anche per loro, infatti, il vero nemico da abbattere è Assad con il suo esercito che mantiene, nonostante tutto, un buon grado di efficienza.

Tanto vale, allora, assecondarli e colpire duro il dittatore. Così – forse – si otterrà la loro completa lealtà realizzando finalmente il sogno di installare a Damasco un governo gradito all’Occidente e sgradito a Putin.

E le truppe del Califfo, in tal caso, come si comporteranno? Facile prevedere che ringrazieranno sentitamente per almeno due motivi. In primo luogo si allenterà la morsa (si fa per dire) dei raid aerei degli USA e dei loro alleati, che plausibilmente inizieranno invece a colpire le forze armate regolari siriane. Secondariamente avranno finalmente modo di regolare una volta per tutte i conti con i peshmerga curdi, gli unici che finora si sono dimostrati capaci di resistere e di batterli in battaglia.

 

Resta sempre il grande mistero di capire chi e quanti siano i ribelli moderati che gli USA stanno addestrando. Di quali forze dispongono realmente? Quali sono i loro leader? E sono davvero così affidabili come Washington sembra dare per certo?

Sono sicuro che, se ponessimo questa serie di quesiti a Obama, egli stesso non saprebbe rispondere. Ormai è noto che non si fida affatto dei suoi servizi segreti, e l’ha pure detto pubblicamente e senza troppe metafore. Ciò significa che non ritiene i suoi servizi di intelligence efficienti come dovrebbero essere.

Insomma siamo di fronte come sempre a una situazione di incertezza estrema, il terreno prediletto dall’ISIS che ha dimostrato con dovizia di esempi di saper approfittare di confusioni e divisioni nel campo avversario.

 

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Noto che il messaggio del Califfo, autentico o taroccato se è davvero stato colpito da un’incursione aerea USA, nel quale si proclama la volontà di conquistare persino Roma, issando la bandiera nera a San Pietro e vendicando le offese dei crociati medievali, non viene preso sul serio.

Personalmente sarei più cauto al riguardo. I miliziani di al-Baghdadi sono fanatici che al Medio Evo sono rimasti a tutti gli effetti, e dal loro punto di vista gli occidentali sono dei crociati e basta.

I pasticci enormi della strategia – o non-strategia – obamiana rischiano davvero di aprire all’ISIS le porte dell’Occidente. I cavalli dei cosacchi di Stalin non riuscirono mai ad abbeverarsi nella fontana di San Pietro. Se continua così, però, i cammelli dei miliziani ISIS hanno qualche probabilità di riuscirci.

 

Tags: Assad oBAMA Siria
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