L’Ucraina ha votato,
non vince nessuno,
non perda l’Ucraina

Ho conosciuto le ‘tifoserie’ di guerra in molte parti del mondo: nella Sarajevo assediata, nei Balcani del tutti contro tutti gli ‘altri’, nel Kosovo della rivolta albanese, nella Serbia bombardata anche dall’Italia, in Medio Oriente tra Gerusalemme e il Libano, in due guerre irachene, in Afghanistan, Georgia e altri luoghi che certo dimentico. Le guerre non aiutano valutazioni pacate. Intanto perché sono sempre bugiarde. Poi perché sono l’estremo possibile. Ma raramente ho avuto occasione di cogliere tanta acrimonia tra persone non direttamente coinvolte nella contesa come per la questione Ucraina. Persone amiche dalla mia Genova o da capitali lontane giunte più o meno alla interruzione dei rapporti personali.

 

Ed opinioni estreme su quanto sia stalinista Putin o quanto siano neonazisti i seguaci di Stepan Bandera nelle fila di Svoboda. Valutazioni assolute e inevitabilmente squilibrate. Nelle guerre possono esistere dei ‘buoni’ e dei ‘cattivi’, ma mai tutti e solo buoni o cattivi da una sola parte. Ovviamente anche le mie personali valutazioni sono certamente viziate nei contenuti, anche cercando di limitarsi ai fatti certi. Ma gli avvenimenti in molti casi sono quasi indecrittabili. Vedi le elezioni di domenica nell’Ucraina dove s’è votato. Chi ha vinto, chi ha perso? Quali gli elementi politici più significativi? Quali le prospettive che si preparano?

 

Leggo l’asettica ANSA e sorrido. Lo zero virgola niente che separa il presidente Poroshenko dal premier Yatseniuk. Chi tra i due filo europeisti di diversa gradazione nazionalista sia in testa. E poi? Gli altri aspetti sottolineati dai più: il voto separatista del 2 novembre nelle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk e quel 9-10% preso nella stessa Ucraina ovest dal blocco di opposizione filorusso. Foto d’Ucraina dove ha votato, zone libere o non libere che dir si voglia, solo il 52,42%, la metà tra i molti popoli ucraini.

 

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L’Osce ci dice che il voto è stato democratico. Tutti felici. Obama esagera con ‘pietra miliare della democrazia’. L’Ue parla di ‘riforme europee’. Mosca riconosce le elezioni legislative col sottinteso che per lei saranno valide anche quelle del 2 novembre nel Donbass separatista. Nessuno azzarda una ipotesi su cosa le elezioni potranno determinare domani col pareggio tra le due anime dei ‘filo europesti’. In politica il pareggio non fa mai zero a zero e alla fine ci sarà sempre una coalizione che dovrà governare o tentare di farlo e una a fare opposizione, col rischio che a perdere siano altrimenti tutti gli ucraini, filo europeisti o filo russi che siano.

 

Le violenze nel Paese in questi mesi sono state sconvolgenti e, tanto la strage di Odessa quanto alcuni ritrovamenti di fosse comuni, raccontano di una lacerazione nazionale e di una coesione sociale evaporate. Difficile ricucire i rapporti tra est e ovest, se non verranno garantite autonomie condivise e diritti chiari. Intanto il Paese affonda. Previsioni sul Pil tra il -7% e il -10%, e non basteranno i 17 miliardi del Fondo Monetario dati per sostenere la scelta di aderire alla causa europea. Ma la guerra vera, di sofferenza generale, sta già incombendo sull’Ucraina. L’inverno che costringerà sia Poroshenko sia il riottoso Yatseniuk a confrontarsi col Cremlino.

 

La Russia ha già minacciato di tagliare le forniture di gas dopo la disputa sulle fatture non pagate. Presto una delegazione ucraina sarà a Mosca per scoprire le disponibilità dal Cremlino. Interesse europeo a quel gas che passa per l’Ucraina destinato a casa nostra. Problema vero, la risposta politica che verrà dai leader Poroshenko e Yatseniuk. La loro diversa visione sulla guerra civile ancora di fatto in corso e la maggior forza elettorale su cui può contare Yatseniuk, potrebbero mandare in stallo il Parlamento o far degenerare la situazione sul fronte armato interno.

 

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