
Sarebbe utile riuscire a saper qualche cosa in più sulla crisi in Siria che si trascina da marzo del 2011. Utile ripercorrerne la storia per nostra memoria ad evitare facili o comode dimenticanze. Perché in Siria, esperienza personale, molto di ciò che appare spesso non è, e ciò che è non si fa vedere. Un esempio, le organizzazioni armate ritenute spesso terroristiche. Nel 2006, attacco israeliano in Libano. A Damasco vedo arrivare profughi a decine di migliaia e le organizzazioni Hezbolla’h dare loro assistenza. In Libano scendo al sud, a Tiro, che è il bersaglio. La guerra raccontata da alberghi a cinque stelle è più comoda ma molto meno vera. Un mese a Tiro è educativo anche se non è né comodo né sicuro. Un giorno un aereo israeliano invece delle bombe ci lancia messaggi: da domani colpiremo anche le auto con la scritta TV perché alcune sono usate dagli hezbolla’h per trasportare armi. Vero, falso? Io i guerriglieri li trovo solo nei villaggi dove si combatte e dove piovono bombe. Una notte, attacco con elicotteri direttamente su Tiro e verso il porto. Lo sbarco, è l’allarme. Si corre tutti verso il porto, col cineoperatore con la telecamera e migliaia d’altri con mitra e RPG. Sono tutti feroci guerriglieri o cittadini che si difendono? All’armistizio -la prima guerra persa da Israele- finalmente libero di andare a vedere i villaggi più colpiti, trovo parte degli stessi combattenti di ieri a regolare il traffico o a dare aiuto nel rimuovere macerie e portare viveri.
Ma torniamo a Damasco da cui ero partito per la mia ultima vera guerra che fu in Libano. Siria senza pretesa di oggettività -su questo sito vale la virtù del dubbio- potremmo concordare in molti che il presidente Bashar Al-Assad è ‘despota elettivo’ che ha ereditato la carica dal padre Hafiz che ha controllato il Paese dal colpo di Stato del 1963 e per 30 anni col partito unico Ba’th. Il figlio che gli subentra appare più moderno e aperto a dei cambiamenti democratici. Certo più aperto verso le minoranze religiose interne, essendo il suo stesso ceppo parte di una minoranza. Poi la crisi politica interna con probabili sostegni esterni che diventa pubblica nel marzo del 2011. Primavera in arrivo e il governo, sollecitato dalla piazza che chiede a gran voce, promette riforme dello Stato, maggiori libertà e libere elezioni. La piazza ovviamente si divide tra chi si accontenta di aggiustamenti e chi vuole il rovesciamento del sistema in atto. Le prime proteste sono avvenute nella città di Dar’a, Siria meridionale, dopo che 14 ragazzi furono arrestati e pare, torturati, per aver scritto su un muro lo slogan che ha accompagnato le rivoluzioni della Primavera araba: “The people want the downfall of the regime”. Quella ‘caduta del regime’ chiesta dal popolo che guida le sommosse popolari diventa problema internazionale che coinvolge non solo la Lega Araba, ma Unione Europea, Onu e Paesi confinanti come Israele che teme la destabilizzazione della Siria pericolosa per i suoi confini.
Ovviamente tutto questo si somma con i nodi politici preesistenti all’attualità prevaricante dell’ estremismo jihadista sunnita di Isis e Califfato proclamato da Al-Baghdadi. Primo: rafforzamento delle monarchie sunnite che controllano il mercato del petrolio contro i governi sciiti dell’Iran e della Siria. E il presidente Bashar al-Assad appartiene ad una setta sciita. Secondo: l’influenza Usa dall’invasione dell’Iraq nel 2003 aspirerebbe anche all’abbattimento del regime siriano e iraniano. Contro, il governo russo e quello cinese che vogliono continuare a dialogare diplomaticamente e commercialmente con i due regimi. Terzo: il persistente timore di un attacco israeliano contro gli impianti nucleari iraniani prima delle attuali trattative in corso. Le tre ipotesi ‘pre Isis’ prevedevano comunque e già allora un contagio del conflitto sugli Stati confinanti come Iraq -appunto- Libano, Giordania, Turchia e Israele fino alle monarchie del Golfo. Poi fu lo Stato Islamico di Al Baghdadi e fu quella ‘Terza guerra mondiale, ma a pezzi’, denunciata da Papa Francesco. Una alleanza molto fragile contro i ‘tagliagole’, segnata da profonde crisi politiche tra ‘alleati’. Emblematico il caso Turchia-Kobane dove la partita di Ankara contro i curdi e quella esterna contro Assad stanno prevalendo sulla guerra ai vicini dell’Isis che prima aveva aiutato a crescere. Ed il regime di Assad, scomodo dirlo, evita lo scannatoio degli estremisti sunniti contro cristiani, sciiti, druidi e ismaeliti.