L’EurAsia di Milano, interessi europei, Russia e China

Anche se non ve n’era bisogno, il recente vertice euro-asiatico di Milano ha dimostrato una volta di più quanto sia autolesionista e priva di prospettive la strategia di politica estera che l’Europa – o, meglio, l’Unione Europea – ha adottato negli ultimi anni.

Al summit gli americani non erano presenti, com’è logico che sia trattandosi di una riunione tra nazioni europee e asiatiche. E tuttavia, un tempo, gli USA trovavano sempre il modo di farsi sentire nei casi in cui non partecipavano in modo diretto a riunioni importanti come questa.

Meno Merkel, più Xi e Putin

Stavolta no. Angela Merkel è stata più timida del solito nel rappresentare gli interessi americani, e il ruolo di protagonisti assoluti è passato al Presidente cinese Xi Jinping e a quello russo Vladimir Putin.

E’ un fatto molto significativo. Repubblica Popolare Cinese e Federazione Russa stanno rapidamente superando gli antichi dissapori che dividevano le due ex potenze comuniste ai tempi di Mao e dei leader sovietici, a partire dallo stesso Stalin.

Dissapori che a un certo punto avevano addirittura condotto a scontri armati di confine. Il più celebre si verificò nel 1969, sulle sponde del fiume Ussuri. Tutti rammentano i soldati cinesi che sventolavano in faccia a quelli sovietici il celebre Libretto Rosso di Mao Tse-tung. Ma non era solo folklore, poiché gli scontri suddetti causarono pure numerosi morti.

Russia Cina amici per la pelle Usa

Cessata la contrapposizione ideologica che una volta riguardava soprattutto la corretta interpretazione del marxismo, russi e cinesi hanno perfettamente compreso che, lavorando in sinergia e sfruttando le falle (forse sarebbe meglio chiamarle voragini) della politica estera USA, possono aumentare ulteriormente il loro peso sulla scena globale e fornire agli europei occasioni di sempre maggiore collaborazione.

La diffidenza, ovviamente, non è affatto sparita. E’ inevitabile visto che a fronteggiarsi su un confine enormemente lungo sono da un lato un Paese con oltre un miliardo e 300 milioni di abitanti in perenne ricerca di spazi, e dall’altro una federazione con un territorio immenso ma scarsamente popolato.

Non si tratta tuttavia di ostacoli insuperabili se i rispettivi leader praticano un sano realismo politico attento in primo luogo agli interessi non solo geopolitici, ma anche economici e commerciali. Ecco quindi l’intento di unire Asia e Europa con un gigantesco piano ferroviario e con una superautostrada a 12 corsie, in grado di collegare in tempi assai più rapidi degli attuali Shangai e Rotterdam.

Non sono scenari di fantasia, dal momento che le basi concrete sono già state gettate. E il discorso si sta allargando al mondo intero con il progetto di costruire un canale alternativo a Panama per passare dall’Atlantico al Pacifico. Tanto i russi quanto i cinesi stanno lavorando alacremente in tutte le direzioni accennate, e l’interesse europeo, per quanto non ancora espresso in termini ufficiali, si è subito percepito.

Attenti all’Ucraina è l’avvertimento

E non basta. Nel summit di Milano si è inoltre visto che la disgraziata vicenda ucraina si può impostare in termini più razionali quando gli americani non ci sono. Putin e Poroshenko non si amano (e uso un eufemismo), tuttavia si sono parlati e non è escluso che una soluzione decente venga alla fine trovata.

Il comportamento dell’amministrazione Obama è in ogni caso imbarazzante, e negli stessi Stati Uniti molti lo dicono ormai in modo aperto. L’influenza USA nel mondo è ai minimi storici, e il prossimo Presidente – chiunque sia – dovrà sudare le proverbiali sette camicie per recuperare almeno parzialmente le posizioni.

E’ la prima volta dal dopoguerra che un distacco così evidente tra interessi europei e americani si verifica. C’è da sperare che a Bruxelles qualcuno non solo se ne renda conto – perché questo già avviene – ma faccia pure seguire alla consapevolezza teorica degli atti concreti.

 

 

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