Libia è l’inferno
Sfollati e migranti
inseguiti dalle guerre

Una delle rare cronache aggiornate dalla Libia è del Guardian che ci racconta della grave crisi per l’abbandono degli operatori umanitari mentre nelle ultime settimane migliaia di famiglie hanno dovuto lasciare le loro case di Tripoli e Bengasi. Un numero enorme di sfollati interni. Sappiamo che le milizie rivali hanno preso il controllo dell’aeroporto della capitale, di una base militare a Bengasi e dell’incendio a un deposito di carburante. Per il quotidiano britannico, l’ondata di violenza dopo le contestate elezioni di giugno sta spingendo il Paese verso una nuova guerra civile.

 

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Crescono le esigenze umanitarie mentre stanno riducendosi aiuti e possibilità di operare. Tra le organizzazioni umanitarie che hanno dovuto interrompere il lavoro sul campo, la Croce Rossa (CICR), Médecins sans Frontières (MSF) e Danish Refugee Council (DRC). La Mezzaluna Rossa libica (LRC) è uno dei pochi operatori rimasti operativi assieme a una manciata di ONG nazionali. La maggior parte delle organizzazioni internazionali umanitarie stanno ora operando, per quanto sia possibile fare, dalla vicina Tunisia tramite partner locali con intervento inevitabilmente limitati.

 

Prima di questi ultimi disordini, la situazione sanitaria e umanitaria libica era già in crisi sotto il peso di una impennata dei migranti che utilizzano il paese nordafricano come un punto di uscita per l’Europa. Oltre agli almeno 50.000 sfollati interni. Gli ultimi scontri hanno coinvolto circa 500.000 famiglie, con almeno 9.000 nuovi sfollati, denuncia l’International Medical Corps. Tutto questo mentre medici e infermieri delle strutture sanitarie locali non sono in grado di muoversi o andare al lavoro, o perché è rischioso muoversi, o perché non hanno benzina per far muovere la loro auto.

 

Ma la politica internazionale che fa? Italia e Malta sono gli unici Stati dell’UE a mantenere aperte le loro ambasciate a Tripoli. A Tobruk si è insediato il nuovo parlamento, mentre a Bengasi e nella capitale gli scontri tra milizie rivali non si fermano. L’insediamento del nuovo parlamento libico è quindi solo un finto segnale di normalità in un quadro di generale instabilità. Bengasi e nel resto della Cirenaica separatiste. Situazione tesa e complicata anche nella capitale Tripoli. Ormai concluso l’esodo delle ambasciate europee. Stanno rientrando anche le ultime missioni civili dell’Ue.

 

Frontex sito 600

 

L’allerta investe ovviamente anche la Tunisia, che è il rifugio più vicino dove fuggire dall’inferno della Libia. Il primo agosto il governo di Tunisi aveva ordinato la chiusura delle proprie frontiere con la Libia dopo alcuni scontri che si erano verificati al valico costiero di Ras Agedir. Problema dei visti della masse multinazionali in fuga. Il punto di frontiera di Ras Agedir è stato poi riaperto a singhiozzo nei giorni successivi. Si stima che il transito lungo il confine libico-tunisino superi ormai le 5mila persone al giorno. Un problema di nuove rotte della migrazione che l’Italia dovrà affrontare.

 

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