Fantasmi Usa sull’ Ue:
dai soviet cosacchi
ai russi di Putin

Stanno spuntando come funghi su giornali cartacei e blog di ogni tipo articoli allarmati circa una presunta e incombente aggressività russa nei confronti della NATO. E’ un vero e proprio crescendo rossiniano. Si legge, da un lato, che secondo la Polonia e altri Stati che un tempo facevano parte del defunto Patto di Varsavia Putin sarebbe ormai pronto ad attaccare, e dall’altro che la NATO è impreparata alla minaccia russa.

“E se la Russia dovesse attaccare la NATO?”, si chiede qualcuno parlando dell’attuale situazione ucraina. Inizio notando che non si capisce bene cosa significhi l’espressione “attaccare la NATO”. L’Alleanza Atlantica nacque nell’immediato dopoguerra come contraltare all’influenza della ex URSS in Europa. Si formarono dunque due blocchi contrapposti, l’uno a guida americana e l’altro egemonizzato dall’Unione Sovietica (non dalla Russia, si badi bene).

 

Putin parata sito

 

Tale è la storia ancora abbastanza recente, poi sottoposta a bruschi cambiamenti dopo l’avvento di Gorbaciov e il crollo del muro di Berlino. Credo si possa capire la preoccupazione di alcuni Paesi dell’Europa orientale, quali per l’appunto la Polonia, l’Ungheria, i tre piccoli Stati baltici etc., di fronte alla prospettiva che il colosso russo riacquisti forza e influenza. I ricordi delle rivolte di Budapest, Berlino e Praga – e delle successive repressioni – sono ancora freschi in quei luoghi, e sarebbe ingeneroso non ammettere che la suddetta preoccupazione è dettata da fatti realmente accaduti.

Si dà tuttavia il caso che, nel frattempo, il Patto di Varsavia è scomparso, risucchiato nel vortice del crollo sovietico. La NATO, invece, esiste ancora ed è più che mai attiva. Difficile comprendere ora la sua funzione, visto che l’avversario contro il quale era stata creata non c’è più.

 

Eppure l’Alleanza Atlantica ha negli ultimi decenni allargato il suo raggio d’azione fino a includere territori lontanissimi dagli obiettivi originari, come per esempio Afghanistan e Irak. Tutto questo senza modificare i propri statuti fondativi e senza chiedere il consenso di governi e parlamenti delle nazioni che ne fanno parte.

Tra quest’ultime non è certo inclusa l’Ucraina, cosa che del resto ha ammesso lo stesso Obama. Eppure, stando a molti commentatori, è dovere della NATO essere presente in loco, appoggiando l’attuale governo di Kiev e aiutandolo a sconfiggere le milizie filo-russe nella parte orientale del Paese. Gli analisti più acuti, e si parla di personaggi del calibro di Henry Kissinger e del nostro Sergio Romano, vanno dicendo da tempo che l’unica soluzione ragionevole per porre fine al conflitto è quella federale, che conceda alla parte russofona dell’Ucraina orientale una certa autonomia nel quadro di uno Stato sì unitario, ma composto da regioni (o cantoni) distinte come accade in Belgio, Svizzera e altrove.

 

L’amministrazione USA, appoggiata – per quanto in modo sempre più tiepido – dalla UE, ha invece scelto di mostrare i muscoli incoraggiando i nazionalisti ucraini a sbarazzarsi una volta per tutte degli autonomisti russofoni. Si noti anche un altro fatto. Per motivi che, almeno a me, non risultano affatto chiari, è solo in questa parte del mondo che Obama e i suoi hanno deciso di praticare una politica “muscolare”. Dalla Libia sono addirittura scappati, l’Afghanistan sta per essere abbandonato, e in Estremo Oriente alla Cina è stato al massimo rivolto qualche rimbrotto inoffensivo. La Repubblica Popolare fa più o meno ciò che vuole, istituendo no-fly zones a piacere e invadendo tranquillamente le acque internazionali nonostante le proteste dei vicini.

Tale politica si capirebbe meglio se Obama fosse un prodotto della Guerra Fredda, il che non è (se non altro per ragioni anagrafiche). Altri presidenti realmente segnati dalla sfida con l’ex URSS, per esempio Nixon e Reagan, si comportavano tutto sommato in modo più razionale. Pare quasi che l’attuale inquilino della Casa Bianca abbia deciso di sfogare solo in questo teatro tutta la sua aggressività. Anche se i dubbi sulla sua reale autonomia, come ho avuto modo di scrivere in altre occasioni, sono consistenti, e le recenti dichiarazioni del magnate Gerorge Soros – di origine ungherese, lo si noti – altro non fanno che confermarli.

 

Vladimir Putin

 

Ora si assiste al pericoloso gioco delle sanzioni, che ha già causato pesanti reazioni da parte del governo di Mosca. Il recente divieto di importare carne, pesce, latte e frutta colpirà assai più gli europei degli americani, e in particolare l’Italia che, viste le condizioni in cui si trova, non ne avrebbe davvero bisogno.

Nell’attesa del temuto – e assai improbabile – attacco russo alla NATO, occorre vedere di quanto tempo gli europei avranno bisogno per capire che, avallando il gioco di Obama, altro non fanno che darsi la classica zappa sui piedi. E spiace, inoltre, che a condurre tale gioco sia proprio il presidente più incerto e inconsistente della storia americana da un secolo a questa parte.

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