La debolezza di Israele
nel suo eccesso di forza

«Non c’è modo di sfuggire al castigo per ciò che sta succedendo qui da quasi cinquant’ anni», David Grossman alla Conferenza israeliana sulla pace, in Tel Aviv l’8 luglio 2014

 

La vera debolezza di Israele è il suo eccesso di forza. O eccesso di difesa, ad essere buoni. Non so chi l’abbia detto più autorevolmente di me, ma so, per esperienza sul fronte delle guerre, che l’eccesso di forza a coprire la carenza di ragioni alla fine produce sconfitta. Sembra una battuta o un monito ed è invece considerazione tecnica. Tu Stato hai un problema politico e lo affronti con le armi? È la storia del mondo. Lo fai una volta e vinci. E il problema lo metti da parte, gli togli ‘la parola’. Quando si riproporrà lo affronterai ancora con le armi e vincerai due, tre, cento volte. E poi? Prima o poi, quel problema non risolto ti porterà alla sconfitta anche militare. L’ho visto nel 2006 in Libano. Quei torridi luglio e agosto vissuti a Tiro, città bersaglio di insistite incursioni aeree, di droni killer, di volantini di avvertimento e minaccia. C’era Hezbollah coi razzi nascosti tra i bananeti e a Tel Aviv c’era Olmert. Causa scatenante il rapimento di due soldati israeliani. La Tshal disse che sarebbe arrivata al fiume Litani ma dovette tornarsene a casa molto prima. Chi vinse? Vinse il giramento di scatole del mondo su un certo uso prepotente della forza. Perse l’Israele democratica.

 

Criticare Israele non è mai facile, soprattutto per un non ebreo. L’accusa di antisemitismo ti pende sulla testa come una mannaia. Accusa spesso strumentale e ora aggiornata all’antisionismo. Nell’occuparsi del composito e duttile mondo del pensiero ebraico è sempre utile affidarsi ad una lettura ‘interna’. Un collega che cerco di seguire da sempre con attenzione è Gideon Levy, editorialista e parte della direzione del quotidiano Haaretz. Antico riferimento del mio duro 2001 a Gerusalemme. Qualcuno lo definisce un «Imprecatore». I suoi editoriali e le sue cronache su Haaretz sono atti d’accusa contro la politica di occupazione e colonizzazione dei territori palestinesi da parte del suo Paese. Cosa dice Levy questa volta? Ci dà conferma che per l’uccisione di tre ragazzi israeliani nei Territori occupati, Israele ha arrestato in maniera indiscriminata circa cinquecento palestinesi. Che su internet ha imperversato una campagna razzista in seguito alla quale un adolescente palestinese è stato bruciato vivo. Questo dopo che Israele aveva intrapreso un’offensiva contro il tentativo di creare un governo di unità palestinese, che il mondo era pronto a riconoscere.

 

Gideon_Levy_at_the_International_Media_Awards_2012

Gideon Levy at the International Media Awards 2012

 

Alcune domande chiave poste in casa israeliana: 1) Pensavamo che i palestinesi avrebbero accettato tutto questo in modo remissivo, obbediente e calmo? 2) Credevamo che Gaza sarebbe vissuta per sempre all’ombra dell’arbitrio di Israele e dell’Egitto alternando momenti di lieve allentamento delle restrizioni imposte ai suoi abitanti a momenti di penoso inasprimento? 3) Credevamo che il carcere più vasto del mondo sarebbe continuato a essere un carcere? 4) Credevamo che centinaia di migliaia di residenti a Gaza sarebbero rimasti tagliati fuori per sempre? 5) Credevamo che sarebbero state bloccate le esportazioni e decretate limitazioni alla pesca? Ma di cosa deve vivere un milione e mezzo di persone? 6) Qualcuno sa spiegare perché prosegue il blocco, benché parziale, di Gaza? Qualcuno sa spiegare perché del suo futuro non si discute mai? 7) Credevamo davvero che tutto sarebbe andato avanti come prima e che Gaza l’avrebbe accettato passivamente? Chiunque lo abbia creduto è stato vittima di un pericoloso delirio. Non ricominciate a gridare che i palestinesi fanno piovere missili sulle città israeliane senza motivo: certi lussi non sono più ammissibili.

 

Ognuno la pensi come vuole su Israele ma quella di Levy è testimonianza di grande democrazia. Poi c’è anche Netanyahu e gli ultra ortodossi, e i fascisti fideisti, e i coloni assassini. La scorie della destra estrema, come a casa nostra. Gap di democrazia ancora più forti nel mondo arabo. Ma ciò è altro tema. Restiamo all’uso sciocco-arrogante della forza. Operazione ‘Protective edge’, Margine di protezione, che si concluderà senza assicurare né la protezione né il margine (sempre Levy). E da un’operazione all’altra pare che nessuno impari niente. L’amico Moni Ovadia è un altro “Ebreo contro”, severo rispetto alle debolezze politiche parallele che lui individua. Quella di Hamas che ha avuto una caduta di ruolo anche a causa della sconfitta dei Fratelli Musulmani in Egitto. E quella del governo Netanyahu che -afferma- non fa altro che galleggiare «Senza un solo straccio di idea se non quella di sopravvivere salmodiando la frusta litania della sicurezza». Tutti condizionati dai reciproci estremisti. E tutto nel contesto del neo isolazionismo degli Stati Uniti di Obama, dopo le guerre ‘umanitarie’ in Iraq e Afghanistan, «sostenute dal miserabile spirito gregario degli europei».

 

Don Gallo con Moni Ovadia

Moni Ovadia con Don Andrea Gallo

 

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