
«Affrettatevi o musulmani a venire nel vostro stato. E’ il vostro stato. La Siria non è per i siriani e l’Iraq non è per gli iracheni. Questa terra è per i musulmani, tutti i musulmani. Questo è il mio consiglio per voi. Se lo seguirete, conquisterete Roma e diventerete padroni del mondo, con la volontà di Allah». Califfo Abu Bakr al -Baghdadi
Al Baghdadi si autoproclama Califfo, che è qualcosa di molto simile al cristiano ‘Papa-Re’, voce di Dio in terra e potere temporale assoluto. Soprattutto quello oggi esercitato dai suo scherani tra Iraq e Siria. Prima del Califfo che si annuncia al mondo dal pulpito di Mossul, Osama bin Laden s’era fatto soltanto Emiro. Escalation degli Eletti. E per tentare di imporsi a un frammentato mondo sunnita, Al Baghdadi ha scelto di farsi conoscere ben oltre i confini limitati delle avanguardie jihadiste. Abbigliato con una tunica e un turbante neri l’uomo identificato dall’ufficio stampa dello ‘Stato islamico’ come «Principe dei credenti Abu Bakr al Baghdadi» corrisponde all’identikit fatto dai servizi di sicurezza americani e giordani. Personaggio noto dai tempi della sua detenzione a Camp Bucca, dove sino al 2009 è stato recluso per aver partecipato all’insurrezione seguita alla caduta di Saddam. Su di lui, gli Stati Uniti hanno posto una taglia pari a dieci milioni di dollari.
Un sermone dall’alto del minbar, il pulpito usato dai predicatori musulmani in una anonima moschea di Masul. Parlando in una moschea, Al Baghdadi -che il mondo segue per le sue imprese militari- esalta invece il suo ruolo di capo religioso. Le capacità politiche e militari sulla scia del Profeta Maometto lo hanno portato ora a minacciare Baghdad. E ora alza il livello della sfida. Non più e non solo il contenzioso teologico storico tra sunnismo e sciismo ma l’intero assetto geopolitico del Medio Oriente. Quindici minuti di sermone a ribadire alcune cose consuete ma non soltanto. Lo jihad -la guerra santa- come obbligo personale di ogni musulmano; la hijra, la migrazione verso lo Stato islamico controllato dalle sue milizie sotto il segno della sharia e la sua leadership califfale. Ma dice ben altro: le sorti di Siria e Iraq non riguardano solo siriani e iracheni ma i musulmani tutti. Buttati via in un colpo gli stati nazionali e i confini nati dal tracollo dell’ultimo califfato nell’impero ottomano.
Il ritorno all’impero abbasside. Senza identità diversa dai legami di fede. Sui fronti opposti dei due grandi sistemi culturali universali, l’islam alla conquista del pianeta e Roma intesa come centro simbolico delle “potenze crociate”. Timori scontati in occidente, ma non più di quelle esistenti sino a ieri. Forse qualche problema in più lo stanno avendo le altre diverse anime del radicalismo jihadista islamico. Al Qaeda storica, ad esempio. Nelle sue ormai molti anime e forme organizzative nazionale che l’autoproclamato erede di Maometto vorrebbe riportare sotto la sua autorità presunta. Sentiremo certamente presto voce del Al Zawahiri, erede di Bin Laden, che si fece soltanto Emiro. Una battaglia non solo teologica e che non si limiterà solo a parole quella che si prospetta tra il Califfo nero e l’Emiro di Al Qaeda Al Zawiri, medico. Con gli altri gruppi qaedisti che saranno costretti a schierarsi in una battaglia per l’egemonia che si annuncia potenzialmente dirompente