
Il percorso verso la democrazia, come noto, e sovente impervio. Soprattutto se mai praticato prima. Sulla Libia, cancellata dall’attenzione dei nostri media per conclamata brutta figura Occidentale ad esportare appunto ‘Democrazia’, sappiamo molto poco. I numeri, per cominciare. Si vota per la ‘Camera dei rappresentanti’, questo il nome più anglosassone scelto per il Parlamento, il primo con elezioni in Libia. 1714 i candidati, tra i quali 152 donne. I seggi in palio sono 200, 32 dei quali sono riservati alle quote rosa. Tutti i candidati sono ‘indipendenti’ essendo vietate liste collegate ai partiti.
Il rischio che lo svolgimento delle operazioni di voto venga minacciato da attentati o scontri a fuoco è altissimo soprattutto in Cirenaica e nelle parti orientali del Paese dove proseguono i combattimenti tra i soldati agli ordini dell’ex generale Haftar e varie milizie islamiste tra cui il gruppo salafita jihadista Ansar Al Sharia. Il ministero degli Interni ha predisposto un piano di sicurezza per prevenire possibili attacchi principalmente a Bengasi e Derna. La mossa sinora non è però servita a tranquillizzare la popolazione: solo 1,5 milioni votanti si è registrato su 3,5 milioni di aventi diritto.
Nell’ultimo mese a contendersi la leadership del governo sono stati l’ex premier Abdullah Al Thinni e l’imprenditore musulmano Ahmed Maetiq, che si era insediato alla guida dell’esecutivo a inizio maggio al termine di una controversa votazione salvo poi essere estromesso da una sentenza dalla Corte Suprema di Tripoli. Terzo incomodo Khalifa Haftar. L’ex generale ha radunato attorno a sé parti consistenti delle forze armate libiche con l’obiettivo di liberare la Cirenaica dalla minaccia rappresentata dalle milizie islamiste. Per molti, il tentativo di prendere il potere attraverso un golpe.
Minacce islamiste che potrebbero spingersi da Bengasi fino alla capitale Tripoli, e le decine di gruppi armati che dalla caduta del Colonnello Gheddafi hanno preso il controllo dei principali terminal e delle raffinerie del Paese sottraendo al governo centrale una parte delle entrate garantire dalle esportazioni di petrolio. Poi le rivendicazioni delle minoranze etniche Amazigh, Tebu,Tuareg. ‘Tappa cruciale’ dichiarano sfidando l’ovvio i Ministri degli Esteri UE a Lussemburgo. ‘Elezioni che avvengono in un contesto di “netto deterioramento” della situazione politica e di sicurezza. Acuti!
Le precedenti elezioni multipartitiche in Libia -le prime in assoluto- si erano tenute nel 1952 sotto re Idris,