
Papa Francesco oggi in terra di Palestina che vuol farsi Stato. Mahmoud Abbas, più noto nel mondo col nome di battaglia di Abu Mazen, presidente dell’Autorità Palestinese la spara grossa, quasi una novità storica: “Il nuovo governo di unità nazionale, alla cui creazione si sta ancora lavorando, accetterà le condizioni poste dalla comunità internazionale e riconoscerà lo Stato di Israele, rispetterà gli Accordi di Oslo e abbandonerà la lotta armata”, ha affermato Abbas. I tre punti su cui in questi anni si sono scontrati non solo palestinesi e israeliani, ma anche le fazioni palestinesi di Fatah e Hamas, moderata la prima, più intransigente la seconda.
Se non è un miracolo, poco ci manca perché a sottoscrivere quelle dichiarazioni pare ci sia anche Hamas dalla lacerata striscia di Gaza. Ma prima dei palestinesi, altri avevano cercato di stupire. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu in un’intervista a Bloomberg sostiene di volere sì uno Stato palestinese, ma smilitarizzato, che riconosca quello israeliano e che non rappresenti una longa manus di Teheran, riferendosi ovviamente ad Hamas e ai suoi rapporti privilegiati con l’Iran. Sembra quasi un dialogo a distanza, botta e risposta tra due parti che formalmente non si parlano.
Sempre sul fronte ebraico, si parla della possibilità di un graduale ritiro dalle aree del West Bank a più alta concentrazione di palestinesi. Netanyahu conferma l’ipotesi ma precisa: “Molti israeliani si stanno domandando se ci possano essere alcune iniziative unilaterali che abbiano senso. Ma la gente è anche consapevole che il ritiro unilaterale da Gaza non ha migliorato la situazione, né ha fatto fare progressi al processo di pace. Ha invece creato l’‘Hamastan’, da cui sono stati lanciati migliaia di missili contro le nostre città”. La terra di Hamas. La nuova unità palestinese ancora da verificare.
Diffidenza da parte palestinese su qualsiasi “regalo” israeliano. Una ridefinizione dei confini con la West Bank decisa da loro -temono i diffidenti- creerà solo le basi per nuovi conflitti. Pessimista lo stesso Netanyahu. Perché tutto questo rincorrersi di voci del genere “Vorrei ma non posso”? Forse occorre chiedere a Washington. ‘Voci’ raccontano di una Casa Bianca propensa ad aprire negoziati con il nuovo governo palestinese di Fatah e Hamas, a prescindere dalla posizione israeliana. Hamas che riconosce Israele e Netanyahu costretta a cedere salvo l’isolamento internazionale.
Se mai fosse, Stato di Israele e Stato di Palestina tra loro in pace, sarebbe il Miracolo assoluto dalla fine della seconda guerra mondiale. Torniamo quindi al viaggio papale. Oggi Papa Francesco in Giordania, domani sarà a Betlemme accolto dal presidente dello Stato della Palestina. Poi Israele, a Tel Aviv e Gerusalemme. Incontri religiosi e non solo: il patriarca ecumenico di Costantinopoli, il Gran Mufti di Gerusalemme sulla spianata delle moschee, una visita al Muro del Pianto e al memoriale dell’Olocausto. Tre Stati, tre Messe e quattordici discorsi in 72 ore per Papa Bergoglio.