
Riuscirà Kiev a sedare le rivolte separatiste entro le elezioni del 25 maggio? Sono ragionevoli quelle elezioni o è già guerra?
La memoria di un popolo scorre sovente attraverso semplici immagini che diventa però identità. Certamente ad Odessa pesa non soltanto negli adulti la memoria di quella corazzata che vigila sul Mar Nero, giù, in fondo all’infinita scalinata della città. Partiamo dalla “Corazzata Potemkin” per tentare di capire le emozioni che attraversano le città assediate dell’Ucraina e toccano e lacerano i sentimenti e i comportamenti della gente combattuta tra la fedeltà alla bandiera ucraina e un richiamo sempre forte alla madre Russia. Senza lapidari giudizi alla Paolo Villagio.
La Potemkin del film ‘cult’ sovietico di Sergej Ejzenstejn navigava dunque nella acque di fronte alla Crimea contesa ed era filmata dalle scalinate di Odessa. E’ recuperabile una qualche forma di condivisione tra i popoli oggi schierati su posizioni contrapposte dopo la strage della casa del sindacato a Odessa? Le cosiddette “guerra civili” iniziano sempre più o meno nello stesso modo, esattamente come stiamo vedendo in questi giorni in Ucraina. Civile per modo di dire, visto ciò che già è accaduto e quanto di feroce fa intendere. La guerra civile è sempre la più incivile e crudele.
Molti media parlano ancora di una situazione “sull’orlo della guerra civile”. L’orlo del fondo del pozzo? In tutto l’est del Paese si spara, si scavano barricate, si occupano e incendiano palazzi delle istituzioni, si abbattono elicotteri con i lanciarazzi. Si combatte e si muore. E questa di solito si chiama guerra, salvo diverse e più creative versioni diplomatiche. Il premier nominato, Arseniy Yatsenyuk, ha lanciato le manovre militari per riprendere il controllo del Paese e rischia di perderne un altro pezzo. La situazione resta fuori controllo di Kiev e sempre più da parte della stessa Mosca.
Ormai nota e incontestabile la presenza di gente in armi sulle trincee e sulla piazza di soggetti estranei alla contesa. L’accusa di usare infiltrati armati è l’accusa lanciata alla parte avversa e ripetuta da ambo le parti, quella russa e quella occidentale. Probabilmente con buone ragioni di ambo le parti. Tutti giocano sporco. Squadre private, nazi, cosacchi, contractor e militari senza simboli sono prova provata di quanto questa insurrezione a tempi e parti alternate stia precipitando in un vortice ormai fuori dai confini nazionali. O dal controllo dei loro iniziali promotori.
In un duello a distanza con Mosca, la NATO, sotto spinta americana che sfiora l’avventurismo -valutazione LookOut- mostra l’intenzione di prendere le redini del comando e non è un caso che CIA ed FBI affianchino apertamente e senza pudore i responsabili della sicurezza del governo di Kiev. L’Ucraina nuova frontiera Nato al confine diretto con la Russia, è la provocazione. Mosca si gioca sul campo una partita forse meno appariscente ma non meno subdola, avendo certamente infiltrato a sua volta ogni ‘coordinamento cittadino’ che si è ribellato a Kiev.
Ma nelle due capitali mondiali colgono il livello di rischio di una guerra vera? Fallito l’accordo di Ginevra l’ONU può fare qualcosa? La popolazione di Sloviansk e della regione di Donetsk attende con terrore un attacco governativo su larga scala. Il mondo è col fiato sospeso nel timore che si crei in caso -un’altra strage di Odessa- che costringa la Russia a intervenire. La speranza di elezioni generali pacificatrici il 25 maggio prossimo ha ormai la consistenza del mito sovietico della Corazza Potemkin. Ecco l’incubo di una e due o più parti di Ucraina definite in un bagno di sangue.