
«La Rai è chiamata a concorrere al risanamento con tutti gli altri, con un contributo di 150 milioni di euro. Il Consiglio dei Ministri ha autorizzato la Rai a vendere, se lo vorrà, Raiway e autorizzato a riorganizzare le sedi regionali» ha detto il premier, aggiungendo che «Il come lo deciderà il Cda della Rai, ma non è invece nella possibilità della Rai stabilire se partecipare o no al risanamento. Parteciperà con 150 milioni di euro». Ecco dunque il «Contributo volontario ma obbligatorio». Le spinte del Dg Gubitosi per salvare la Rai dai colpi della Spending Review non hanno avuto ascolto.
Eppure il direttore generale Gubitosi che aveva messo su un miracolato bilancio di “quasi pareggio” aveva chiesto al Premier di salvare la Rai dai colpi di spending review. Stando a quanto pubblicato da un quotidiano, nella lettera recapitata a Palazzo Chigi, il DG ipotizzava di suo tagli “pesanti” agli stipendi del personale affermando che solo 58 dirigenti sui 622 dell’azienda guadagnano più del tetto imposto di 200.000 euro, e la vendita di “asset” come alcune frequenze tv inutilizzate. La sola RaiWay varrebbe pare 600 milioni, stime di Mediobanca, ma si tratterebbe di un’entrata una tantum.
Per Gubitosi, pur abile a giostrare tra numeri e voci di bilancio, il taglio secco di 150 milioni per il 2015 risulterebbe un magheggio impossibile. Anche perché s’era recentemente lasciato andare ad alcune generosità, dai viaggi in busines class alla trasferte liberate. Per di più, spiegano in viale Mazzini, ci sono i 100 milioni spesi per i Mondiali di Calcio in Brasile mentre sul recupero della gigantesca evasione del Canone, che da solo vale circa 600 milioni di euro all’anno, dal governo non giunge voce. Collegare il canone alla bolletta elettrica non risulta una mossa molto popolare.
Applausi e contestazioni al dimagrimento Rai da posizione scontate ma con qualche novità anche politica di non poco conto. Il Pd Michele Anzaldi ad esempio, segretario della Vigilanza Rai che colpisce duro. «Il provvedimento metterà l’azienda, che conta decine di direzioni, di fronte all’ esigenza di una vera riorganizzazione ed alla necessita’ di ridurre in maniera seria sprechi e spese inutili. Dopo aver tenuto banco temi come l’aumento del canone e le nuove assunzioni di manager esterni, ora la musica cambia e la Rai dovrà veramente mettere mano alle diverse inefficienze».
Ovviamente contrarie Fnsi e Usigrai. Il sindacato giornalisti accusa il governo di “tagli lineari”, di provocare un impatto occupazionale pesante sull’indotto audiovisivo, di ledere il principio di indipendenza economica del Servizio pubblico. Ma l’attacco più vigoroso è sulla mancata lotta alla evasione del canone che pesa per 500 milioni. Difesa ad oltranza, almeno come inizio: non svendere RaiWay e «Opposizione a qualunque progetto che indebolisca la presenza della Rai sul territorio, che anzi andrebbe rafforzata proprio in prospettiva del rinnovo della Concessione del 2016».
«La Rai non è un soprammobile con tanti oggetti inutili di cui potersi disfare facilmente» afferma il il segretario della Federazione della stampa Franco Siddi. Con una apertura da andare a leggere tra le righe: «Vendere beni immobili delle sedi regionali e fare risparmi in una loro riorganizzazione può essere cosa buona e giusta. Sarà bene, però -argomenta Siddi- evitare qualsiasi tentativo di chiusura di presidi, fondamentali per il pluralismo diffuso attraverso un servizio pubblico di informazione, cultura e rappresentazione della vita sociale e pubblica sottratta a interessi privati».
Tradotto, qualche immobile faraonico Rai nella periferia si può vendere garantendo la presenza giornalistica sul territorio. Per Rai Way, l’Fnsi pone in discussione la sua vendita totale, definita «Un danno generale perché si priverebbe il Paese di un “asset” fondamentale per la libertà di comunicazione come il potere e la gestione delle frequenze e della stessa capacità di trasmettere». Controproposta seria, aprire ad altre partecipazioni azionarie e rivedere le “efficienze gestionali” della vecchia struttura. Posizione critica della Federazione della Stampa, ma certamente dialogante.
Ovviamente più rigida la posizione del sindacato giornalisti interno. Il sottosegretario Graziano Delrio, ospite in una trasmissione tv, ha ammesso che si è discusso sull’ipotesi di collegare la riscossione del canone Rai alla bolletta elettrica. «Abbiamo avuto qualche difficoltà, nei tempi e nella tecnica, perché il decreto è molto corposo. C’è una serie di misure per cui facevamo fatica a mettere tutto insieme. Abbiamo poco tempo, il presidente del Consiglio corre molto». La politica del fare, ma badando sempre al consenso elettorale. E il Canone Rai non è popolare per nessuno.