La Libia ‘ liberata ‘
tra petrolio e caos

Il Congresso Generale libico, un simulacro di Parlamento, ora ha nominato come Presidente ad interim della Repubblica di Libia Abdullah Al-Thinii, ponendo fine all’incarico retto 2012 da un esponente dei Fratelli Musulmani.

Inseguito da accuse di corruzione, l’ex Premier è fuggito riparando in Germania.

Verso una maggiore laicità della Libia sulla via della pace interna e delle regole democratiche almeno formali?

Il giorno dopo il blitz statunitense a Benghasi sono rimaste uccise oltre 10 persone in seguito a un’esplosione contro una base militare portando a 230 le vittime delle decine di attentati eseguite nella città nell’ultimo anno.

Dunque, cosa accade in Libia? Quali le prospettive?

 

Il Ministro degli Esteri Mohammed Abdel Aziz ha fornito un quadro della situazione durante la Conferenza di Roma del 6 marzo che ha riunito i Ministri degli esteri di Russia, USA, Francia, Gran Bretagna, Germania, Libia e Italia per discutere di Ucraina e soprattutto di Libia.

Abdel Aziz ha dichiarato ai media che le ‘Istituzioni libiche’ attraversavano una fase estremamente delicata, la Giustizia non riesce ad assicurare la punizione dei criminali, i servizi scolastici e sanitari sono alla sbando.

Ancora più chiaro è stato il Ministro russo Sergei Lavrov anche per dimostrare che l’intervento della Nato in Libia è stato un disastro che non bisogna ripetere in Siria.

Lavrov ha evidenziato che il Paese è a rischio di parcellizzazione, oltre a una drammatica assenza di sicurezza, ritardo nella costruzione delle Istituzioni statali, blocco del flusso petrolifero, criminalità diffusa, scontri fra gruppi etnici, presenza di movimenti terroristici nel Sud e a Est, ritardo nelle procedure elettorali e nella stesura della Costituzione.

Gli antidoti prioritari -secondo Lavrov- sono il rafforzamento delle frontiere e il disarmo dei ribelli per reintegrarli nell’Esercito.

 

Eppure qualcosa si muove.

E paradossalmente inizia proprio nella Cirenaica, ad Ajedabia, centro di tutte le pipeline che dai pozzi delle Regione portano il petrolio verso i terminal del Mediterraneo e costituiscono l’80% dell’intero prodotto petrolifero libico.

E’ emerso un leader 32 enne, Ibrahim Jedran che è stato detenuto dal 2005 al 2011 con i 4 fratelli nel carcere di Abu Salim.

Liberato prima dell’inizio della rivolta, ha assaltato la caserma di Beida prendendone le armi e ha guidando un piccolo gruppo nella lotta contro il regime.

Alla caduta di Gheddafi è stato incaricato del controllo dei pozzi petroliferi e ha tentato più volte di raggiungere un’intesa con il Governo di Tripoli che, in continuità con la policy del dittatore, continuava a tenere la Cirenaica in povertà.

Fino a quando Jedran ad agosto 2013 ha chiuso il flusso del greggio che il Governo vendeva senza versare nulla alla Regione.

 

Un mese dopo, insieme ai fratelli ha formato a Ras Lanuf il “Consiglio Politico della Cirenaica”, con un Premier e Ministri tranne quelli di Esteri e Difesa perché, a differenza del leader dell’autoproclamato Governo della Cirenaica, Abdel Al-Barassi, vuole l’autonomia non la separazione.

L’attività di Jadran conquista l’appoggio di un crescente numero di esponenti regionali di spicco.

Alla riunione ad Agedabia del 16 marzo 2014 riunisce sceicchi e capi tribù di area.

Accade che

lo sceicco Nue Fathalla, della tribù Awad Alì dislocata nella zona frontaliera fra Libia ed Egitto e conta milioni di membri gli dà il suo appoggio.

Ahmed Dalenghi, il capo della tribù dei Tabu, i “neri libici” del Sud del Paese discriminati e costretti a vivere in condizioni disastrose, si pacifica con Salam Buhavuva, il capo degli Zwia, che per mesi si erano a morte con i Tabu.

 

Dopo la tentata vendita della petroliera, Jadran è riuscito all’inizio di aprile a chiudere le trattative con Abdullah al Thinii per cui, a breve, i terminal saranno riaperti uno per volta. Il Governo in cambio concederà la sede della Banca Centrale libica, il Comando della Forza Militare che controlla i pozzi e 1/3 dei proventi petroliferi.

Molti sono i nodi da superare e non ultimi l’attivismo dei jihadisti di Ansar Al Sharia che controllano Derna e Tobruk e sono in grado di eseguire attacchi terroristici in tutto il Paese.

 

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