La ‘pax americana’
nell’eterno conflitto
israelo-palestinese

Il Presidente americano e John Kerry nel corso dei colloqui chiedono al palestinese Abbas-Abu Mazen forti e rischiose decisioni senza dargli nessuna assicurazione si cosa farà in cambio Tel Aviv. Ed esempio ottenere da Tel Aviv la scarcerazione del quarto gruppo di trenta palestinesi promessa alla ripresa dei colloqui bilaterali nel luglio 2013.

Sul punto gli israeliani hanno già chiarito che l’eventuale interruzione delle trattative procurerà la mancata scarcerazione dei detenuti dai quali comunque sarebbero esclusi quelli con cittadinanza israeliana.

E rilanciano ponendo come precondizione il riconoscimento di Israele come «Stato del popolo ebraico» per delineare un’accettabile road map del futuro Accordo.

Nonostante in merito vi siano state recenti aperture da parte di esponenti dellOlp, probabilmente per sondarne le reazioni popolari, la campagna di voci contrarie e indignate ha posto una preclusione assoluta a un simile cedimento che segnerebbe anche la rinuncia del diritto al ritorno.

 

Il Presidente palestinese spera di negoziare la sua disponibilità a estendere i tempi negoziali ottenendo in cambio la liberazione di Marwan Barghouti, esponente di spicco dell’Intifada Al Quds, e Ahmad Saadat, Segretario Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che godono di ampio supporto popolare nei Territori Occupati.

Mahmoud Abbas-Abi Mazen conosce già la risposta negativa e non negoziabile di Israele perché anticipata dal Ministro Israel Katz.

Il Presidente Abbas finirà con cedere anche questa volta accettando di posporre la data della chiusura negoziale a quella indicata dal Segretario di Stato Kerry per evitare l’accusa di aver fatto fallire le trattative?

Prosieguo che includerà anche la promessa di non attivare alcun contenzioso legale contro Israele sino allo spirare del termine.

 

Il Governo israeliano ha altre strategie.

Nel quadro di un piano di riforme avviato da un anno Tel Aviv ha presentato al Knesset quattro proposte di leggi che l’opposizione formata da partiti laburisti, sinistra, ebrei ultraortodossi e arabi boicotta ritenendole incostituzionali perché contrarie ai principi democratici nazionali.

La più recente del marzo 2014 prevede l’aumento della soglia minima di rappresentanza elettorale nel Parlamento dall’attuale 2% al 3,25%.

Se la legge verrà approvata resteranno esclusi due Partiti arabi e il Partito di centro Kadima.

In Israele gli arabi costituiscono il 20% della popolazione con 1,6 milioni di abitanti su 7,9 milioni, e sono rappresentati nel Knesset da tre formazioni di cui i Partiti Balad e Hadash nelle elezioni del 2013 non hanno raggiunto la quota del 3% e solo la coalizione della Lista Araba Unita ha ottenuto il 3,65% dei voti.

In vista delle elezioni, i Partiti stanno negoziando una possibile unificazione per superare la nuova soglia.

La seconda proposta prevede di sottomettere a referendum qualsiasi concessione territoriale palestinese che riguardi Israele, Gerusalemme e le Alture del Golan.

La terza riguarda l’integrazione degli ebrei ultraortodossi nell’Esercito.

L’ultima e prima per importanza è il disegno legislativo per imporre la sovranità israeliana sulla Moschea di Al Aqsa e sui luoghi santi di Gerusalemme.

 

Progetto che ha provocato la ferma reazione della Giordania che ha già votato a febbraio per l’espulsione dell’Ambasciatore israeliano da Amman e ritirato il suo da Tel Aviv.

La Giordania ha il compito di tutelare i luoghi sacri di Gerusalemme come previsto nell’Accordo di pace del 1994 oltre che dall’Accordo firmato dal Re Abdullah II e il Presidente dell’ANP.

Nello stesso quadro strategico, inoltre, Tel Aviv sta incentivando gli arabi cristiani ad arruolarsi nell’Esercito come già fatto per drusi e beduini con sensibile miglioramento della loro posizione economica. E permetterebbe a Israele di mostrare la pluralità etnica e religiosa del Paese.

In merito i palestinesi sono divisi: la Chiesa greco- ortodossa che conta 160 mila fedeli li incoraggia perché consentirebbe alla loro piccola minoranza di partecipare con un ruolo nella società; la maggioranza di arabi cristiani considera l’ingresso dell’Esercito occupante come tradimento.

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro