
Senza alcun preavviso, a due mesi dalle consultazioni elettorali che potrebbero confermare il terzo mandato consecutivo del Premier Nuri al Maliki e dopo 10 anni di intensa attività politica, Muqtada Sadr, leader delle masse sciite, lascia senza guida 40 deputati e 6 Ministri del Partito di riferimento Al Ahrar.
Cosa è accaduto per determinare simile decisione? Reatà o colpo di teatro?
A quarantatré anni, discendente da una delle più prestigiose dinastie del mondo sciita, Muqtada Sadr prende parte attiva alla rivolta contro Saddam Hussein all’inizio dell’invasione anglo- americana del marzo 2003.
Conto personale col dittatore sunnita iracheno, l’uccisione di suo padre, l’Ayatollah Mohammed Saddiq Sadr.
La sua attività di predicazione e combattimento contro Saddam Hussein e i qaedisti provenienti dall’Afghanistan e dall’Africa viene diffusa dai media in tutto il mondo e gli consente di formare un ampio gruppo di guerriglia reclutando poveri ed emarginati nel suo Esercito del Mahdi, che arriva ad avere oltre 60 mila combattenti.
Radicale, non disponibile a compromessi fra l’opposizione al dittatore e gli invasori, Sadr arriva alla rottura con la leadership irachena del dopo Saddam appoggiata da Stati Uniti e Gran Bretagna.
Ora la decisione a sorpresa, una sorta di abbandono che male si concilia con la storia del personaggio.
Quali i motivi che hanno spinto Muqtada ad abbandonare l’attività politica soprattutto dopo gli anni trascorsi in Iran dove ha perfezionato la sua preparazione religiosa nel prestigioso complesso teologico di Qom che ne ha legittimato ulteriormente il carisma?
Secondo alcuni Sadr potrebbe temere che la piaga della corruzione dilagante nel Paese possa avere coinvolto anche suoi esponenti nel Partito Al Ahar e di conseguenza se ne voglia distaccare in tempo.
Accanto ai numerosi Parlamentari che hanno già abbandonato l’Assemblea, centinaia di militanti di Al Ahrar si affollano all’ufficio di Muqtada nella città santa di Najaf per chiedergli di restare.
Secondo altri invece, le ragioni della scelta di Muqtada vanno ricercati nel suo legame con l’Iran che pur restando saldo soffre la vicinanza del nuovo Presidente iraniano Hassan Rowani al Primo Ministro Maliki, considerato da Sadr “un dittatore, servo degli USA”.
Rowani invece intende rafforzare la posizione di Maliki anche per migliorare le relazioni del suo Paese con gli USA e si attende da Sadr un approccio meno conflittuale con il Premier iracheno.
Di certo il ritiro dalla politica di Muqtada coincide con l’intensificarsi della guerra civile che ormai dilagata in tutto il Paese.
Si combatte a Suleiman Bek nella zona settentrionale, nella provincia di Al Anbar a ovest della capitale dove jihadisti, ribelli e parte delle tribù antigovernative hanno il controllo di Ramadi e Falluja con una violenza che ha costretto oltre 370 mila civili a fuggire e che ha provocato più di mille morti nel solo gennaio 2014.
Attentati e scontri si registrano anche nel Nord, dove le esportazioni di petrolio verso il porto turco di Ceyhan sono state sospese dopo l’esplosione di una bomba ad Hatra, a 110 chilometri da Mosul costringendo i tecnici ad abbandonare il lavoro.
Non è risparmiata Baghdad, dove il 18 febbraio 7 autobombe sono esplose nell’area meridionale di Hilla a forte presenza sciita provocando oltre 60 morti.
Maliki non conosce la mediazione con i sunniti e risponde solo con la più feroce repressione che include anche la pena di morte aumentata dalle 66 esecuzioni del 2011, fino a 129 l’anno seguente e 151 nel 2012. I numeri del 2013 non sono ancora noti.
Il Premier, oltre ad avere integrato nell’esercito numerosi membri delle tribù di Al Anbar ostili ai jihadisti di ISIS, alla fine del 2013 ha ricevuto per le sue forze armate ben 75 missili Hell Fire terra-aria attrezzati per distruggere anche i blindai e droni.
Muqtada doveva trovare una soluzione per non deludere l’Iran, il suo referente teocratico, e non piegarsi alla svolta autoritaria di Maliki che ritiene incapace di trovare soluzioni negoziali per la ripresa del Paese.
E assume l’unica decisione possibile: l’abbandono della sua attività politica lascindo al-Maliki unico candidato sciita con la possibilità di attrarre elettori anche nel Partito che è stato di al Sadr, per ottenere la maggioranza nell’Assemblea.
Moqtada al Sadr aderisce alla richiesta iraniana e nello stesso tempo non deflette dalla sua linea politica che non prevede compromessi tanto che a titolo personale ha invitato gli iracheni a partecipare al voto per porre fine a un Governo corrotto.
In tal modo, privo dei condizionamenti di leader, ha posto fine alla possibilità di ogni collaborazione con un Esecutivo che discrimina e punisce oltre ogni misura l’opposizione sunnita.