
L’esperienza personale nel corso di più di trenta anni di attività giudiziaria in Italia e quasi 9 anni all’Ufficio antifrode europeo mi induce ad affermare l’infiltrazione criminale nell’economia é particolarmente attuale e grave.
Questo vale un po’ per tutto il panorama europeo (ed anche mondiale). Tuttavia è certamente ancor «più vero» per la nostra Italia.
Soprattutto e purtroppo ancora nel centro sud, ma non solo. In ogni caso é inevitabile riconoscere che il quadro nel meridione italiano é più serio, perché da esso emerge un intreccio profondo con le attività e gli interessi consolidati della criminalità organizzata e mafiosa. Il recente scioglimento per “contaminazione mafiosa” del consiglio comunale della più grande città che sia mai stata oggetto in Italia di questa misura “estrema” e cioè Reggio Calabria, conferma inequivocabilmente questa situazione.
Intreccio che pone in pericolo la stessa vita delle istituzioni democratiche, specialmente locali e regionali.
Non é una affermazione rituale, ma una concreta realtà.
Il rischio é piuttosto di abituarsi, e di finire per accettare una specie di «convivenza» con il dominio criminale: il che é esattamente quello che la stesse organizzazioni criminali desiderano.
Per scendere sul piano concreto negli ultimi dieci anni solo per una regione del sud (la Calabria; ma non è da meno la Campania, la Sicilia ed anche la Puglia) sono stati stanziati finanziamenti europei e «misti» per circa mille milioni di euro e il piano operativo regionale partito nel 2006 ne prevedeva ulteriori 500.
I tre principali «punti di crisi»
Il primo dato di fatto é che la grandissima maggioranza dei progetti presentati e finanziati, specie nelll’ambito delle piccole e medie imprese o ancora nel settore ambientale (per esempio, impianti di depurazione delle acque) hanno dato luogo ad indagini di natura amministrativa contabile e/o penale.
Il secondo elemento ancor più preoccupante é che di fronte a questa situazione non vi é stata praticamente mai un’azione reale di controllo e di prevenzione da parte dell’autorità di gestione della spesa, e cioè la Regione.
Spesso al contrario é mancato anche il più elementare intervento risanatorio e di ricupero, persino di fronte a procedure giudiziarie penali molto gravi ed alla presenza sicura di elementi di pesante irregolarità.
Il problema essenziale é non tanto e solo il fatto che ci siano frodi ed irregolarità (in una certa misura presenti purtroppo in tutti i settori dei finanziamenti europei e non solo in Italia) ma la percentuale delle irregolarità che superano nettamente il limite di guardia per qualsiasi gestione normale economica.
Ci si trova di fronte, inoltre spesso a finanziamenti erogati cui non ha seguito nemmeno una minima effettiva realizzazione economicamente o socialmente utile, e questa é un’ulteriore specificità che rende il tutto ancora meno accettabile, se mai lo potesse essere.
Anzi di recente si é ancora constatata una situazione ancora più preoccupante: non solo i finanziamenti europei non sono andati a buon fine (senza alcun controllo efficace né alcuna possibilità di recupero a posteriori) ma sono stati di fatto utilizzati da parte delle stesse organizzazioni criminali per dare la scalata a imprese economicamente sane ed impadronirsi di settori interi di mercato in Italia e all’estero (spesso con coperture o quantomeno inerzie compiacenti dell’ambito politico locale e nazionale e di una stessa parte dell’imprenditoria cosiddetta «sana».
Si é realizzato così il paradosso che fondi europei e nazionali -destinati a favorire lo sviluppo di una sana economia di mercato e la realizzazione di infrastrutture sociali adeguate ad una imprenditoria libera- sono invece talora (troppo spesso) serviti a consolidare il dominio criminale su economie già deboli ed a favorire l’infiltrazione mafiosa in ambiti più vasti e più importanti.
Quali rimedi?
Di fronte a questo quadro che può sembrare senza speranza, ci sono tuttavia delle possibilità di reazione.
Il primo rimedio é quello di creare ed imporre delle reali strutture di controllo amministrativo, avendo anche il coraggio da parte dello Stato e dell’Unione europea di surrogarsi totalmente nei controlli agli organi locali se indispensabile.
Si tratta di agire in modo straordinario, per un periodo certamente non illimitato nel tempo, al fine di ribaltare una situazione e creare i presupposti per un funzionamento minimo accettabile delle attuali strutture decentrate regionali.
In questa fase si dovrà forse anche prendere la decisione dolorosa di «congelare» per un certo periodo l’erogazione di tutti i fondi europei in tutti quegli ambiti in cui non si é per ora in grado di garantire un controllo di gestione e di realizzazione dei progetti ammessi a finanziamento che sia accettabile.
Mi rendo conto della durezza di questa soluzione, ma credo che non vi sia altra via di uscita possibile,almeno in un primo momento.
In questo periodo di «blocco finanziario» si dovrà agire per il controllo di tutti progetti già finanziati e per il recupero di tutte le ingentissime somme già erogate e per le quali le frodi o irregolarità sono state già provate. E’ probabile che non si arrivi a recuperare moltissimo, dato il ritardo con cui necessariamente si agirà, ma si tratterà di un segnale importantissimo di inversione di rotta.
Un’altra caratteristiche che rende «speciale» e gravissima la situazione italiana è data dal fatto che le denunce di irregolarità e di frode da parte della corte dei Conti, delle autorità di polizia e dell’autorità giudiziaria sono moltissime (molte di più che in tutti gli altri stati europei: circa il quintuplo) ma poi quasi sempre il procedimento contabile, fiscale o penale non arriva a buon fine e non comporta alcun recupero economico concreto.
Con l’ulteriore risultato che dopo un quinquennio l’Europa presenta il conto all’Italia di tutte le irregolarità accertate, ma per le quali non si é avuto alcun recupero dei fondi europei e l’Italia é chiamata (con un semplice meccanismo di compensazione a livello di bilancio europeo) a restituire ingentissime somme (solo nel settore dei fondi europei agricoli rimborso richiesto all’Italia é stato nel 2006 di circa 350 milioni di euro, e il conto rischia inevitabilmente di aumentare ed estendersi ad altri settori).
In questo modo i frodatori ed le organizzazioni criminali non solo trattengono il profitto del crimine, ma finiscono per imporre a tutto il resto dei cittadini di pagare il prezzo delle loro malefatte.
Il secondo rimedio urgentissimo deve esser quindi quello di rendere lo strumento fiscale e giudiziario realmente efficace, abolendo tutti quei meccanismi di garanzia puramente formale assurdi che rendono di fatto la possibilità di sanzionare economicamente i responsabili del tutto teorica.
Si tratta, per indicare una sola prospettiva concreta, di modificare il sistema dela prescrizione contabile e soprattutto penale, riportandolo alla ragione: stabilendo,ad esempio,che ogni iniziativa concreta processuale interrompa il corso prescrizionale (come avviene,per citare un caso, nel sistema francese ed in molti altri sistemi europei).
Il terzo rimedio dovrebbe infine quello di stimolare ed esigere un mutamento di condotte operative da parte degli stessi organismi investigativi e giudiziari, nel senso di costringerli a valutare sempre e con priorità l’aspetto delle misure conservative e preventive di natura patrimoniale (contro tutte le persone fisiche e contro tutte le persone giuridiche implicate) e non solo quelle di natura detentiva.
Anche questo sarebbe un segnale importante d’inversione di azione contro l’impunità dei reali responsabili delle organizzazioni criminali i quali sono ormai abituati a «prevedere» un certo numero di arresti dei loro membri (facilmente rimpiazzabili), ma che quasi sempre non vengono colpiti nei loro patrimoni. Patrimoni sempre più ingenti che restano intatti e vengono utilizzati per una successiva ed ancora più efficace infiltrazione economica criminale.