Il fantasma nucleare s’aggira sull’Iran

Il progetto atomico iraniano nasce nel 1957 col sostegno degli Stati Uniti e fu «For Peace», ma allora nell’antica Persia comandava lo scià Reza Palhavi, baluardo antisovietico. Poi arrivarono gli ayatollah e gli Usa divennero il Grande Satana e il nucleare iraniano una minaccia mortale su Israele.

Dopo quasi 60 anni, la diatriba internazionale sulla temuta bomba atomica iraniana ha perso fascino e credibilità. Nel frattempo ben altre potenze nucleari sono cresciute nel mondo, e non tutte molto più rassicuranti della teocrazia di Teheran. Prezioso quindi lo studio di Isabella Abbate e Roberta Daveri dell’Archivio Disarmo. Con dettagli storici puntuali, aspetti curiosi e documentazione rara. La partita internazionale su quell’affare industriale-strategico crea già qualche problema negli anni settanta con Francia e Germania Ovest a vendere tecnologie e Washington a volerle controllare.

Il rovesciamento del regime dello scià e la nascita della Repubblica Islamica d’Iran nel 1979 fecero saltare ogni rapporto politico o industriale precedente. L’Iran, in una fase di instabilità interna e di isolamento internazionale, sembrò scarsamente interessato al programma nucleare, percepito come antislamico e strumento della influenza occidentale. L’ Amministrazione Reagan cercò di ostacolare ogni forma di collaborazione internazionale sul nucleare col regime di Khomeini. Ma Teheran riuscì a procurarsi strutture per la produzione e l’arricchimento di combustibile nucleare dal Pakistan.

Con la morte di Khomeini nel 1989, la dirigenza iraniana sotto la guida di Khamenei si disse pronta, una volta conclusa la guerra con l’Iraq, a riprendere il programma nucleare nazionale per “stretto uso civile”, è sempre stato dichiarato. Altrettanto insistiti i dubbi occidentali, nonostante l’invito rivolto nel ’93 all’ agenzia per l’Energia Atomica a visitare i siti nucleari del Paese. Sforzo che, però, non ha impedito all’Iran di firmare, tra il 1990 ed il 1992, accordi sul nucleare con Cina e Russia. Ostilità di Washington, “dialogo critico” dell’Europa golosa di rapporti commerciali con Teheran.

Fu nel 1997, con la vittoria del candidato riformista Kathami alle presidenziali che in Iran si tornò a discutere di non proliferazione. Fu in quel contesto di cooperazione e dialogo che un dissidente iraniano fece trapelare le prime rivelazioni su attività segrete in tre siti nucleari del Paese: Bushehr, Natanz e Arak. A Bushehr c’è una centrale nucleare con reattore ad acqua leggera rifornita dalla Rosatom russa. A Natanz funzionano le strutture pilota di arricchimento sotterranea e di superficie. Ad Arak c’è il reattore di ricerca nucleare e di produzione ad acqua pesante operativo dal 2014.

Dettagli da spionaggio finiti in biblioteca. Defense & Security Analysis, vol. 28, n. 3, settembre 2012. La questione iraniana, ancora oggi irrisolta sul possibile utilizzo di uranio e plutonio a fini militari. Nel 2010 è stato il Presidente Ahmadi-Nejad a stimolare le attività di arricchimento oltre il 20% di U-235, come riportato dalla Fars New Agency. Uranio altamente arricchito utilizzabile per armi nucleari. Provocazione? I dubbi si accavallano. Per gli esperti, i Paesi con un PIL inferiore a 50 miliardi di dollari, l’Iran, non avrebbero convenienza a centrali atomiche per produrre energia.

Ma l’Iran smentisce, esibendo la sua efficiente rete elettrica. E cerca di rassicurare ricordando la  fatwa lanciata dall’Ayatollah Khomenei contro le armi di distruzione di massa. Esempio concreto, la mancata risposta iraniana all’utilizzo di armi chimiche da parte di Saddam Hussein durante la guerra degli otto anni. Ma l’Aiea rileva segnali contraddittori. a) L’aumento del numero e della capacità delle centrifughe a gas per l’arricchimento dell’uranio. b) Aumento delle riserve di uranio a basso arricchimento. c) Prosieguo dei lavori sul reattore di ricerca di Arak. C’è una verità?

I peccati degli altri ricadono sull’Iran. Simili reattori, costruiti inizialmente per ricerca, sono poi stati impiegati per la produzione di plutonio da usare nelle armi, in India, Israele, Corea del Nord e Pakistan. Sapore della beffa, con l’aggiunta di sanzioni economiche decise dall’Onu e incattivite da Usa e Ue. Con la salita al potere di Ahmadi-Nejad nel 2005 la crisi diplomatica cresce con tensioni, in particolare con Israele che le sue atomiche le ha ma non si dice. Ora la scommessa del nuovo presidente Hassan Rohani. Un moderato,  ma con quanti poteri e quali intenzioni strategiche?

L’Olocausto fu un “crimine innegabile”, dichiara Rohani all’Assemblea Generale Onu. In più, dice di volere l’accordo sul nucleare. Washington diffida ma applaude, Israele sobbalza. Scenario letto da Gerusalemme: l’Iran, puntando al nucleare civile avrà presto la capacità tecnica per assemblare una testata, avendo già un consistente arsenale di missili balistici. La bomba non c’è ma potrebbe arrivare a breve. Ed ecco che gli equilibri strategici dell’area sono tutti da ridiscutere. Col rimpianto per l’Iran dei super cattivi amici di Hezbollah e Assad, più facile da contrastare e minacciare.

 

Tags: Iran nucleare
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