La ‘Via della Seta’ dopo Marco Polo

La ‘Nuova via della Seta’ oggi, perché per noi europei prima fu Marco Polo a percorrerla. Un mezzo per promuovere “pace e prosperità”, ha affermato il presidente cinese Xi Jinping, aprendo i lavori del “Belt and Road Forum for International Cooperation”.
L’accorto presidente cinese, ha più volte ripetuto che il nuovo progetto “non vuole interferire” con le vicende interne dei Paesi coinvolti -ed c’era la Corea del Nord presente, il giorno dell’ultimo missile lanciato- ma occasione generale di sviluppo. Risorse per decine di miliardi di dollari, di cui 14,5 miliardi dedicati al ‘Silk Road Fund’.
Nuove risorse per favorire la connessione tra Asia, Europa e Africa. “Dobbiamo costruire una piattaforma di cooperazione aperta e riaffermare e rafforzare un’economia mondiale aperta”, ha aggiunto il presidente davanti alle diverse centinaia di partecipanti tra cui 29 capi di Stato o di governo.
E ‘America first’ isolazionista di Trump dovrà fare i conti con l’asse Asia Europa ritrovato.

Nuova ‘Via della Seta’ per le tratte commerciali del passato
I cinesi, leggiamo dalle cronache, hanno fatto le cose in grande, come piace a loro. Per lanciare la nuova «Via della Seta», il piano col quale la Cina si prepara a ripercorrere con investimenti miliardari le tratte del passato, sono stati invitati a Pechino 29 leader di Paesi interessati al progetto: da Putin a Erdogan, da Gentiloni a Guterres, segretario generale dell’Onu, il tutto in uno scenario grandioso.
Un Forum di grande peso strategico, col quale la Cina cerca nell’Europa un contraltare agli Stati Uniti della minaccia isolazionista di Trump. Sei canali geopolitici che si dispiegheranno per terra e per mare e potranno contare su investimenti di decine di miliardi di dollari.
La Cina va all’attacco e l’Italia spera di conquistarsi un posto al sole. Non sarà una passeggiata, dovendo ingaggiare una sfida, che per una volta non sarà contro i tradizionali concorrenti, Francia e Germania.

Le vie del mare ma non soltanto
«È una storia che va avanti da secoli – ha sostenuto il presidente del Consiglio- servono i porti per collegare rapidamente l’Europa e credo che nessuno ne abbia come l’Italia in questo momento. Abbiamo un’ offerta fortissima che viene soprattutto da Trieste e Genova, che sono collegate con i corridoi ferroviari all’Europa. Ma anche Venezia per ragioni culturali e turistiche. La nostra capacità portuale è lì».
In realtà c’è una via su ferro, ma che ci esclude da tempo e passa attraverso la Russia, le ex Repubbliche sovietiche e la Germania. Mentre invece la competizione via acqua, per accaparrarsi i container cinesi, è agguerrita.
C’è una via che, passando dal porto greco del Pireo, risale attraverso i Balcani e risale in Germania, anche grazie ai grossi investimenti cinesi in Ungheria. E i nostri porti?
Venezia e Trieste negli ultimi dieci anni hanno raddoppiato la capacità di traffico container, ma per accogliere la nuova Via della seta servirebbero ulteriori, corposi investimenti.

Porti e ferrovie. La sfida italiana sulla nuova via della Seta
Esibizione planetaria del nuovo ‘soft power’ del presidente cinese, che il 17 gennaio scorso a Davos aveva dato un nuovo corso alla politica estera cinese, pronunciando un discorso a difesa della globalizzazione.
“Belt and Road Initiative”, il ‘Bri’, la nuova Via della Seta, è il progetto lanciato dal presidente Xi Jinping già nel 2013 per integrare l’Asia e l’Europa via terra e via mare.
Inizialmente noto come “One Belt One Road” (OBOR), “una cintura una via” (Yi dai yi lu, 一带一路), il nome è stato modificato per chiarire lo scopo del progetto, che non riguarda solo la Cina: “La via della Seta”, specifica il governo cinese sul proprio sito web, “è stata proposta dalla Cina, ma non è un assolo della Cina.
Un’analogia migliore è quella di una sinfonia suonata da un’orchestra composta di tutti i Paesi che vi partecipano”. Cooperazione a livello internazionale per migliorare la governance globale: un concetto caro a Xi.
Un tema su cui Remocontro.it tornerà nei prossimi giorni con dettagli.

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